La Stampa, 17 luglio 2019
Dentro il tunnel segreto di Hezbollah
La nuova guerra del Libano era pronta a esplodere sottoterra, tra Zar’it e Shtula. Da un tunnel lungo un chilometro che sbucava sotto la collina d’Israele, scavato 50 centimetri alla volta con un «trapano» cilindrico che si tiene tra due mani, azionato da un motore italiano.
I miliziani di Hezbollah ci avevano messo anni per costruirlo, la lentezza non era un problema: l’ultimo conflitto tra i due Paesi risale a luglio e agosto 2006. Sono scesi giù, nelle viscere della terra per 70 metri, bucando la roccia rossa per una profondità pari a quella di un palazzo di venti piani che affonda nel sottosuolo. Il varco era stato aperto da una casa privata nel villaggio libanese di Ramyeh, per non destare sospetti. L’obiettivo era preparare il canale più lungo, segreto e veloce, per infiltrare soldati di fanteria in Galilea e sorprendere lo Stato ebraico, attaccando una delle ventidue comunità di agricoltori al confine con il Libano del Sud, quando sarebbe stato il momento.
La galleria di Zar’it era una delle sei già scavate dove corre la Blue Line, la linea di demarcazione invalicabile creata dalle Nazioni Unite nel 2000 per prevenire escalation tra i due Paesi. L’esercito israeliano l’ha scoperta il 13 gennaio scorso, nell’ambito dell’operazione «Scudo del Nord». Con Gaza e le alture del Golan, il confine Sud libanese sta diventando uno degli avamposti iraniani con cui lo Stato sciita vuole minacciare Israele. Ma il piano militare è stato duramente sventato dopo che la Difesa israeliana ha neutralizzato tutti i cunicoli, tra dicembre e inizio anno, scovandoli con la tecnologia sofisticata dei microsismi indotti, in grado di scandagliare il terreno in profondità.
La tecnica di costruzione
Quel che rimane, oggi, è il pezzo di galleria che ha invaso la parte israeliana: 77 metri che raccontano le conoscenze ingegneristiche impiegate dai combattenti di Hassan Nasrallah per preparare l’attacco. Da Ramyeh, il cunicolo tortuoso lungo un chilometro, largo un metro e alto due, quando va bene, dove non ti devi rannicchiare sotto fili penzolanti e tubi dell’acqua ancorati al soffitto che gocciola umidità, si infilava nel sottosuolo, tra curve brusche, grotte e gradini che scendono in picchiata. Noi accediamo dall’altro capo, quello che sarebbe sbucato in Israele, da dieci metri sotto terra. Fa freddo, le pareti sono rimaste grezze, appuntite, ondulate e piene di buchi, segno del passaggio della macchina escavatrice. Ci sono i binari, usati per movimentare i detriti. L’aria è fresca grazie a un sistema di ventilazione progettato per far sopravvivere soldati e operai. C’è la corrente elettrica, telefoni attaccati al muro. Un barile arrugginito che fungeva da impianto di raffreddamento del motore e pompava acqua dal villaggio libanese.
Diversi da quelli di Gaza
Restano segni di umanità, vestiti civili e graffiti del Corano. Tutto è com’era, prima della scoperta dell’esercito di Israele (Idf): il cunicolo ha violato la sovranità dello Stato ebraico e la risoluzione 1701 - creata con il cessate il fuoco del 2006 -, come ha riconosciuto l’Unifil,forza di interposizione Onu guidata dall’Italia. La tecnica di scavo è diversa da quelle impiegate da Hamas a Gaza, perché laggiù il terreno è friabile, servono impalcature per aprire varchi nel terreno, che s’infiltra d’acqua. Qui no.
Sono passati otto anni da quando Hezbollah ha creato le unità speciali Radwan, che avrebbero dovuto permettere alle milizie sciite di prendere posizioni chiave (con ostaggi nei villaggi israeliani) e iniziare a bersagliare gli obiettivi con cecchini e missili anti-carro. Non si sa quanto sia costato al «partito di Dio» realizzare i tunnel, quel che è certo è che dal 2014 i residenti del Nord di Israele avevano lanciato l’allarme, perché sentivano rumori sospetti provenire dal sottosuolo. «Abbiamo notato movimenti di giovani in età per il servizio di leva che perlustravano dalla nostra parte - dice l’ufficiale Idf che ci accompagna -. Ma non potevamo ricondurli ad Hezbollah senza prove».
L’anniversario e le minacce
L’esercito israeliano sospetta che «le operazioni di costruzione dei sei tunnel siano state mascherate con azioni di "Green without borders", un’Ong che si occupa di tutelare le foreste libanesi, «ma qui non si trattava di piantare alberi». Israele era a conoscenza dell’attività di scavo dal 2006, al termine della guerra «dei 33 giorni», ma solo ora le gallerie erano quasi pronte per offendere. La prima distrutta si trova fra la cittadina di Kafr Kila, sul lato libanese, e il centro abitato di Metula.
L’azione dell’Idf ha colto di sorpresa Hezbollah. Ma non ha impedito di proseguire con gli incontri trilaterali tra la Difesa israeliana, le forze armate libanesi (Laf) e Unifil, essenziali per la stabilità dell’area. Proprio in questi mesi, corre il tredicesimo anniversario della seconda guerra del Libano. La tensione tra i due Paesi resta alta, con Nasrallah che minaccia «un conflitto peggiore di quello passato e metterà sull’orlo dell’estinzione lo Stato ebraico». «Parole vane», per il premier israeliano Benjamin Netanyahu, ancor di più dopo la distruzione dei tunnel. A un attacco libanese seguirebbe «un devastante colpo militare» nei confronti dello Stato confinante, appoggiato e finanziato dall’Iran.