Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  luglio 17 Mercoledì calendario

La guerra legale per il tesoro di Gheddafi

In ballo ci sono 90 milioni di dollari e l’ombra dei Gheddafi che, a dispetto della rivoluzione e della loro fine violenta, incombe ancora sulla Libia. I soldi sono bloccati a Malta, nei forzieri della Bank of Valletta: il governo di Tripoli sostiene che quella somma deve rientrare in patria, gli eredi del raìs li ritengono proprietà privata, frutto degli investimenti di Mutassim Gheddafi, il quinto figlio del dittatore che restò con lui fino alla fine nel deserto della Sirte, il 20 ottobre 2011. Mutassin morì a 36 anni: i suoi conti a Malta partirono con 500 sterline nel 2002, nel 2011 erano diventati 60 milioni di euro, gestiti da due società, Capital Resources e Mezen International.
Nato nel 1975, laureato in Medicina ma con una propensione per la carriera militare, Mutassim nel 2007 fu promosso a capo del Consiglio di sicurezza nazionale. La contesa giudiziaria è iniziata nel 2015 con la richiesta di restituzione presentata alle autorità maltesi dal procuratore generale nominato dal governo di al-Sarraj; a questi si oppone il legale della vedova del dittatore e madre di Mutassim, Safia Ferkash – oggi vive in Oman – l’avvocato ellenico Charilaos Oikonomopoulos.
Nell’udienza di ieri, Oikonomopoulos ha ribadito il concetto base, quei soldi sono frutto delle attività private di Mutassim, in particolare un pio di versamenti (133.832 dolalri in due pagamenti descritti come Accordo LISA e Accordo ALAG). sarebbero stati destinati ad un presunto figlio del rampollo libico avuto con una modella olandese. Ma non ha fornito dettagli sull’origine dei fondi affidati alle due società maltesi, amministrate da Joe Sammut, ex tesoriere del partito Laburista. Per avere più particolari, ha detto il legale, “bisognerebbe rivolgere le domande in Paradiso”. Il governo di Sarraj ricorda che Mutassim Gheddafi come capo della sicurezza nazionale aveva uno stipendio annuale di 45.000 euro; secondo le norme, il figlio del Colonnello non poteva ricevere emolumenti da altri canali e avere interessi con partecipazioni in società private. Tripoli poi punta il dito contro le leggi anti riciclaggio che la banca maltese avrebbe ignorato non mettendo in pratica la regola del know- your-customer: la ricerca di notizie sull’attività del cliente per evitare danni. Questa “leggerezza” per Tripoli ha anche un altro motivo: i vantaggi sugli interessi tratti dalle cospicue transazioni attraverso le carte di credito di Mutassim; l’istituto nega, l’amministratore delegato Charles Borg ha ricordato che non c’è un solo funzionario indagato per la gestione dei conti di Gheddafi; inoltre, il conto era stato aperto prima che i beni della famiglia fossero bloccati a causa delle sanzioni internazionali.
Già nel 2016 MaltaToday in un articolo ricostruiva alcuni passaggi: “I milioni di Gheddafi erano gestiti dall’ex tesoriere del Partito laburista Joe Sammut”. Il 3 maggio 2018 Sammut ha testimoniato nel processo confermando di aver organizzato incontri fra rappresentanti di Mutassim e la Bank of Valletta, e che ingenti somme erano state depositate tra il 2010 e il 2015 in tre conti separati intestati a una società con il nome di Capital Resources. Per evidenziare lo stile di vita di Mutassim il Wall Street Journal ha visionato gli estratti conto: la Visa Platinum emessa da Bank of Valletta è stata usata per spese fino a 100.000 euro in pochi giorni: il 10 aprile 2009, 21.000 euro per acquisti a Roma, in prevalenza abiti firmati; l’11 aprile 8.300 euro ancora per abbigliamento di marca e 3.300 euro per pasti e divertimenti serali. A Parigi il playboy libico aveva speso in una sera 4.890 al night L’Arc Paris e altri 4.500 per la cena al Rival Deluxe sugli Champs Elysée.
Anche a Milano conoscevano la “generosità” di Mutassim: nel 2013 la Procura di Milano concluse con 16 indagati una inchiesta su un giro di prostituzione di lusso: Mutassim era nell’elenco dei clienti, ospite in un albergo del centro nel gennaio 2008 e nel luglio dello stesso anno: incontri con tre ragazze per volte, pagate 1.000 euro a testa. In Libia, quando il potere di Gheddafi crolla, i rivoltosi entrano in quelle residenze che erano state vigilate dalle guardie della famiglia: una di queste si trovava a Ain Zara, ed era la “casa delle vacanze” di Mutassim; chi vi fece irruzione la descrisse come una specie di “castello di Aladino”.