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 2019  luglio 17 Mercoledì calendario

Le tende di lusso

«Allora, aperitivo per tutti?». È il re del campeggio, con la sua maglietta attillata sopra allo slip e alle infradito, il Pastis sempre a portata di mano da servire nelle stoviglie di plastica sui tavolini pieghevoli davanti alla tenda. L’attore Franck Dubosc, protagonista della fortunata commediaCamping, incarna il prototipo del francese che passa le sue vacanze tra sacchi a pelo, nuvole di fumo del barbecue, file per le docce collettive, borse del ghiaccio trascinate in spiaggia, liti con i vicini per un metro di ombra, senza mai perdere il buonumore. Una passione nazionale come dimostra il successo del film uscito nel 2006, poi replicato in vari sequel.
Dubosc, alias Patrick Chirac, ha però trovato un nemico: il glamping, neologismo tra camping e glamour, ovvero la tendenza a trasformare le semplici piazzole per sosta libera in “hotel en plein air”, alberghi all’aria aperta. I gestori dei 7.800 campeggi – la Francia ha il parco più numeroso in Europa – si sono lanciati in una corsa a offrire nuovi servizi, dagli acquapark ai bungalow ecologici, diventando dei villaggi vacanze, aumentando i prezzi e quindi escludendo buona parte della storica clientela. «È la fine del campeggio popolare» titola in prima pagina le Parisien. A lanciare l’allarme è l’istituto di ricerca Fondation Jean Jaurès, dal nome di uno dei fondatori del socialismo francese, segno che si tratta di un problema tutt’altro che futile. Nel rapporto annuale appena pubblicato l’istituto spiega come la maggioranza dei francesi delle classi medie e basse non potrà partire in vacanza quest’estate. Colpa anche dell’imborghesimento dei campeggi che da qualche anno hanno diminuito le piazzole in libera sosta, glorioso simbolo del turismo all’aria aperta.
Dati alla mano, il rapporto censisce il declino dei campeggi più economici, quelli con una o due stelle, dove si può pagare la postazione anche meno di venti euro a notte. Oggi rappresentano meno del 25 per cento dell’offerta complessiva, rispetto al 60 per cento di qualche anno fa. Altro duro colpo è l’obbligo imposto da molti gestori di pernottare almeno una settimana, cancellando il mito del campeggiatore nomade che si sposta liberamente tra amene località. Insomma, anche in questo caso si rafforza l’opposizione tra popolo ed élite. «Vediamo una frattura sociologica molto profonda» spiega Jérémie Peltier che ha realizzato la ricerca per la fondazione Jean Jaurès. Il popolare “Camping Flots Bleus” vicino alle spiagge di Arcachon dove Dubosc passava le sue vacanze con poche centinaia di euro sta scomparendo, vittima non solo dell’imborghesimento degli standard ma anche della concorrenza globale. Le offerte “all inclusive” per andare su un’isola in Grecia o sul litorale spagnolo possono diventare più convenienti che passare una settimana in tenda sulla Costa Azzurra.
La questione è molto più politica di quel che sembra. Nelle disparità sulle vacanze si ritrovano anche divisioni della cartina elettorale, come la contrapposizione tra gli abitanti delle grandi città, dove quasi il 40 per cento si permette il lusso di andare all’estero durante l’estate, contro appena il 25 per cento nelle zone rurali. Secondo la fondazione Jean Jaurès la rinuncia alle vacanze è più forte nel movimento dei gilet gialli che ha protestato contro Emmanuel Macron negli ultimi mesi. Il rapporto cita alcune testimonianze di manifestanti, come quella di Joseph, un idraulico del Sud, sceso in piazza con la casacca gialla perché è in profondo rosso già a metà del mese e «non fa vacanze da anni». Danielle, operaia in pensione in Lorena, racconta: «Con mio marito, una volta che abbiamo pagato le bollette non ci resta niente. Alle vacanze non ci pensiamo nemmeno. Per fortuna abbiamo un giardino». Forse anche per questo Macron ha promesso vacanze brevi quest’estate.