Corriere della Sera, 17 luglio 2019
La tecnologia al Tour
Il tweet partito da Cupertino, California, in direzione della Francia è atterrato all’alba di ieri sui cellulari di 11,2 milioni di follower: «Congratulazioni @WoutvanAert e @JumboVismaRoad per l’incredibile vittoria! Godetevi il meritato riposo! #TDF2019». Mittente Tim Cook, guru di Apple, uno che cinguetta col contagocce e solo su temi altissimi. Cosa ha stimolato l’erede di Steve Jobs a occuparsi di ciclismo? Un articolo del quotidiano The Indipendent che ha rivelato i segreti del team olandese Jumbo-Visma, stupefacente dominatore di quattro delle prime dieci tappe del Tour e di 39 gare da gennaio con tutti i corridori e su ogni terreno. Che gareggino, si allenino, mangino, dormano, i jumbini sono monitorati 24 ore su 24 da coach, mental trainer, dietologi con software ad hoc installati – ecco il trucco – su iPad e iPhone.
Durante le tappe, una triangolazione tra un pool che precede la gara (rilevando meteo, condizioni strade, criticità), uno al seguito che riceve in tempo reale i dati fisiologici dei corridori e un’unità decisionale nell’ammiraglia, permetterebbe di dare i consigli giusti nel momento giusto. Com’è successo lunedì ad Albi, quando i tulipani volanti hanno infilato i due uomini perfetti (il vincitore Wout Van Aert e Kruijswijk) nella fuga che ha rivoluzionato il Tour. Svelato il segreto di pulcinella: nel ciclismo è (teoricamente a questo punto) vietato ogni contatto atleta/tecnico che non avvenga via radio o dal finestrino dell’auto. Qui si trasmetterebbero addirittura dati. Il corridore X perde potenza? Mandiamolo in coda a riposare. Y ha le pulsazioni «giuste»? Che scateni l’inferno. Lo fa Jumbo, lo fanno altri. E Tim Cook applaude.
E pensare che proprio la settimana scorsa il presidente del ciclismo mondiale, Lappartient, e il boss del Tour Prudhomme hanno spiegato che nel 2020 vorrebbero proibire i computerini sul manubrio dei corridori per impedire che questi «diventino pedine telecomandate facendo perdere alle corse quell’imprevedibilità che le rende magnifiche». Nobile intento ma meglio che si diano una mossa, perché il ciclismo vola su altri binari.
Ieri ad Albi – nel primo dei due giorni di riposo della Grande Boucle – la Deceuninck della maglia gialla Alaphilippe ha pedalato su bici elettriche da 10 mila euro, molto più adatte di quelle classiche per «sciogliere i muscoli indolenziti». La Jumbo di cui sopra ha invece ammesso di somministrare ai corridori abbondanti dosi di ketoni, acetoni sintetici che avrebbero fenomenali effetti sui meccanismi di produzione dell’energia. «Li usa anche la Ineos – si è giustificato il team manager Richard Plugge – e poi a noi risulta che non siano proibiti». Non lo sono, per adesso.
Per tutti gli altri – e soprattutto per i grandi battuti della prima settimana: Pinot, Nibali, Uran e Bardet – razioni ridotte di pasta e allenamento leggero su bici a motore umano. «Non sto male – spiega Nibali – ma mi manca il cambio di velocità. Puntare a un tappa? Vediamo». Oggi spazio agli sprinter: Elia Viviani ha fame di rivincita.