Corriere della Sera, 17 luglio 2019
L’uomo che deve vigilare su ponti, strade e ferrovie
«Era stata annunciata come una rivoluzione copernicana, necessaria, urgente, voluta dal governo dopo il disastro di Genova. E invece, a sei mesi dal mio incarico, siamo ben lontani dall’averne realizzato anche solo una parte. Non ho un ufficio, non c’è un addetto... mi sembra di vivere in un equivoco». La rivoluzione doveva farla lui: Alfredo Principio Mortellaro, l’ex dirigente del Sisde già membro del Consiglio superiore dei lavori pubblici chiamato lo scorso gennaio dal ministro Danilo Toninelli a dirigere la neonata Agenzia nazionale per la sicurezza di ferrovie, strade e autostrade (Ansfisa). Un organismo previsto dal decreto Genova per dare all’Italia una struttura pubblica di garanzia del sistema delle infrastrutture dei trasporti su gomma e rotaia con un’attività ispettiva a tutto campo: «569 dipendenti a regime, 61 da assumere subito... Statuto e regolamento entro 90 giorni (cioè entro marzo, ndr )», sollecitava il decreto vista l’emergenza. Dopo aver lavorato in silenzio per mesi Mortellaro ha deciso di dire la sua.
Cosa succede, direttore?
«Succede che l’Agenzia non è ancora stata avviata, nonostante gli impegni del governo per la partenza immediata. Non c’è una sede, non ci sono gli organi costitutivi, non è operativo il Regolamento e non c’è lo Statuto che peraltro deve essere deliberato da quel Comitato che non è stato ancora nominato».
Ma non doveva avviarla lei l’Agenzia?
«Io ci ho provato ma mi sono trovato di fronte a un fuoco di sbarramento. Si tratta di creare una struttura complessa che richiede la collaborazione di tutte le parti interessate, in primis il ministero e poi gli enti e i concessionari di strade e autostrade. Fino a oggi molte di queste parti hanno fatto ben poco per avere il nuovo organismo. Anzi, diciamo pure che in alcuni casi lo stanno osteggiando».
Qual è il motivo del fuoco di sbarramento?
«È una questione di potere, di consensi e di soldi. La nascita di un’Agenzia nazionale così importante, che assorbe le attività degli organismi preesistenti preposti alla vigilanza sulla sicurezza ferroviaria e stradale, implementandola, comporta necessariamente un trasferimento di competenze e di risorse umane e finanziarie verso il nuovo soggetto. Questo processo incontra forti resistenze da parte di chi non vuole rinunciare a quelle attività. E questo nonostante le tragedie degli ultimi anni. Genova, Pioltello, Viareggio, solo per citare i casi più clamorosi, hanno dimostrato l’inefficienza di quel sistema. Questo di base, ma qui c’è dell’altro».
Cioè?
«Premessa: per capire bene cosa c’è dietro bisogna innanzitutto conoscere i contenuti del Regolamento dell’Agenzia che è stato predisposto e al quale manca ancora l’autorizzazione del Consiglio di Stato. Questo documento stabilisce il campo d’azione dell’Agenzia e, nello spirito del decreto, è rivoluzionario rispetto al vecchio sistema. Nel senso che l’Agenzia intende verificare la corrispondenza dei piani di gestione delle manutenzioni delle strutture, programmati dai gestori pubblici e privati, alle urgenze evidenziate dalle ispezioni disposte dagli stessi gestori. E vuole anche verificare che le ispezioni siano fatte bene e che gli interventi siano eseguiti. Se si tiene conto che finora la Direzione di vigilanza sui concessionari autostradali del ministero si è occupata prevalentemente di sfalcio erba, rugosità dell’asfalto e lampadine sulle rampe senza intervenire sul controllo della sicurezza strutturale, il cambiamento è radicale».
A non volere l’Agenzia sarebbero il ministero e i concessionari autostradali?
«Preferisco far parlare i fatti. La prima levata di scudi c’e stata quando ho tirato fuori la bozza di Regolamento. Alla mia richiesta di visionare poi i piani di manutenzione, gelo. Hanno risposto solo i gestori pubblici di strade e ferrovie, cioè Anas ed Rfi. Dagli altri non è arrivato nulla e le Direzioni generali del ministero delle Infrastrutture non si sono adoperate adeguatamente per sbloccare la situazione. Resiste lo status quo. L’impressione è che non si vogliano spostare risorse dagli investimenti alle manutenzioni».
Si sente poco supportato dal governo?
«Non certamente dal ministro Toninelli, piuttosto da alcune componenti del ministero. La contraddizione è evidente: da una parte creano l’Agenzia per dare una svolta alla sicurezza del Paese e ne sottolineano l’urgenza nominandomi di corsa direttore, dall’altra non mi mettono a disposizione le risorse minime per iniziare a operare».
Lei ha presieduto la commissione ispettiva del ministero sul crollo del Morandi. Che idea si è fatto?
«Il Morandi è stato costruito con una tecnica particolare e innovativa che non consentiva facili ispezioni ma gli allerta erano stati evidenziati da alcune misurazioni, oltre che dallo stesso Morandi. Il nodo è sempre lo stesso: monitoraggio delle strutture e manutenzioni, che forse Autostrade ha ritardato».
Vede responsabilità del ministero sui mancati controlli?
«Il ministero non aveva l’obbligo della vigilanza strutturale, ahimè. Proprio per questa ragione nasce l’Agenzia, per far entrare nell’alveo pubblico questa importante funzione di controllo. E paradossalmente proprio dal ministero arrivano i maggiori ostacoli al cambiamento».