la Repubblica, 16 luglio 2019
Calciomercato da 761 milioni
Appena il piedone griffato di Matthijs De Ligt toccherà il suolo italiano, il saldo della spesa italiana sul mercato schizzerà a 761 milioni di euro. Senza coppe europee da 9 anni, lontane dai fatturati micidiali delle grandissime d’Europa: eppure solo la Liga spagnola ha speso più delle nostre società, a cui evidentemente il ruolo di cenerentole d’Europa non piace, o almeno sta stretto. Con un mese e mezzo ancora a disposizione, il traffico è già molto vicino al miliardo speso in tutta la scorsa estate: quasi scontato che il 2 settembre allo scoccare del gong quel record sarà stato incenerito dopo soltanto 12 mesi. E se l’Europa si prepara a sfondare il muro dei 3 miliardi e 400 milioni spesi, la Serie A rappresenta oltre il 22% di quel bottino. Negli altri tornei, il gruzzolo arriva tutto o quasi dalle grandissime: certo i 120 milioni per Griezmann o Joao Felix – tanto sono costati i due a Barça e Atletico – non possono permetterseli le nostre società. Ma tolte le eccellenze (a cui aggiungere il Real e gli insolitamente spendaccioni tedeschi di Bayern e Dortmund) le squadre italiane spendono mediamente più delle dirimpettaie europee. O almeno così sembra.
Di certo De Ligt rappresenta, da solo, più del 9 per cento della montagna già investita. Ma pur assicurandosi il colpo più caro messo a segno finora dalle nostre parti e soprattutto il difensore più costoso della storia della Serie A, la Juventus non è ancora la più spendacciona d’Italia. Meglio – o peggio, fate voi – ha fatto l’Inter. Che considerando il prezzo integrale dei suoi “pagherò” – così si è aggiudicata Sensi prima e Barella poi – ha già ipotecato una spesa da 143 milioni e spicci. Ma mica tutti sono soldi “reali”. Nel senso che una larga fetta di quei quattrini non si è proprio mossa: basti pensare agli affari Radu e Salcedo col Genoa, 20 milioni “coperti” dal passaggio al Grifone della stellina Pinamonti e del giovane Nicholas Rizzo.Ma chi pensa che l’Inter sia l’unica a scegliere strade simili sbaglia di grosso: così fan tutti, al punto che quella montagna di soldi spesi si è spostata solo per metà. Nel vero senso della parola: dei 761 milioni, solo il 50 per cento riguarda operazioni concrete, 377 milioni. Di questi, la fetta più larga è figlia degli scambi, conclusi a valutazioni a volte un po’ generose utili al bilancio. Mentre più di un quinto della spesa è servita per chiudere affari avviati la scorsa stagione, insomma per riscattare calciatori già in organico. Sono 45 i nomi solo formalmente trasferiti, ma che in realtà non dovranno effettuare nessun trasloco avendo giocato l’ultima stagione nella squadra che li ha comprati: così sono stati spesi quasi 164 milioni, di fatto cifre già virtualmente – in molti casi, quasi formalmente – messe in conto tra l’estate scorsa e gennaio.
Semmai a perdere quota sono gli acquisti dilazionati. Oltre a Sensi e Barella, gli unici arrivi con la formula “prendi oggi e paghi domani” sono stati Traoré al Sassuolo, Murillo alla Samp e Hernani al Parma. Che (ri)avrà pure Inglese dal Napoli con la stessa modalità: 18 milioni, sì, ma tra un anno. Che poi sarebbero due, visto che a Parma è arrivato già un anno fa. La prova che da queste parti si è tornati a spendere. Soprattutto se il pagamento si può rimandare.