la Repubblica, 16 luglio 2019
Allarme maximedusa
Le meduse sono cresciute. Placide, mai aggressive, limitandosi a farsi trascinare dalla corrente da 650 milioni di anni (noi ci siamo da un milione), ora ci superano anche in dimensioni. Lo ha toccato con mano (protetta dai guanti) Lizzie Daly, biologa inglese della Marine Conservation Society che, durante un’immersione in Cornovaglia, ne ha incontrata una più lunga di lei. Mai nelle acque inglesi si era visto un esemplare così. E la danza di Daly con la medusa gigante è in fondo il segno di quel che accade nei nostri mari. «Abbiamo depredato i pesci, ora prosperano le meduse. È del tutto prevedibile, visto che ci stiamo comportando in acqua come Buffalo Bill fece con i bisonti», conferma Ferdinando Boero, professore di Zoologia all’università di Napoli Federico II, fondatore del programma di avvistamento “Occhio alla medusa”. Con un’app, i cittadini al mare possono segnalare i loro incontri urticanti. «Altro modo per monitorarle non c’è», spiega Boero. «Sono invisibili a sensori, satelliti e quant’altro. Per questo, alla domanda se siano in aumento, nessuno sa rispondere. La sensazione, comunque, è di sì. In passato c’erano stagioni particolarmente ricche di meduse, altre meno. Ora ogni anno parliamo di esplosione».
In termini assoluti, la compagna di evoluzioni subacquee di Daly non è da record. «Ce ne sono anche di più grandi in Giappone», precisa Paolo Galli, ecologo dell’università di Milano Bicocca, che da pochi giorni ha avviato una ricerca con l’acquario di Genova per valutare l’effetto su questi organismi del riscaldamento dei mari. «La causa principale del loro aumento, sia in numero che in dimensioni, è comunque la perdita dei predatori. Tartarughe e grandi pesci come i tonni non se la passano certo bene». Le specie che finiscono nei nostri piatti, spiega Boero, allo stadio larvale seguono la stessa dieta delle meduse: «Mangiano codepodi, minuscoli crostacei. Con la riduzione dei pesci, le meduse hanno perso un concorrente». C’è poi il canale di Suez. «Il suo allargamento ha aperto un’autostrada per le specie tropicali» spiega Angela Santucci, biologa marina del Cnr e dell’Istituto Idrografico della Marina. «Da lì sono entrate nel Mediterraneo alcune specie potenzialmente letali». Anche se le statistiche riportano un’unica vittima in Italia negli ultimi dieci anni.
Caldo, mare ricco di nutrienti, assenza di predatori. Ci aspettano bagni sempre meno tranquilli. L’unico rischio che le meduse corrono è che uno chef prima o poi escogiti una buona ricetta. «In Cina e Giappone sono un piatto comune, diffuso ai matrimoni» spiega Boero. «Si usano anche per il sushi. Hanno una consistenza gelatinosa. Fritte assomigliano un po’ ai calamari». Sono poi ricche di collagene e qualcuno le sfrutta per le creme di bellezza. Ma restano pur sempre acqua al 98%. «Hanno un sapore delicato. Se proprio non vogliamo dire che non sanno di niente», conferma Galli. Ma esauriti i pesci del mare, il nostro appetito potrebbe prima o poi rivolgersi verso di loro. E a nuotare con la medusa gigante, al posto di Lizzie, potrebbe essere quel giorno un poco placido pescatore con la fiocina in mano.