la Repubblica, 15 luglio 2019
La piramide a forma di rombo
La storia lo ricorda come il re buono d’Egitto, il sovrano che “dispensava benefici al popolo”, e costruiva: case, navi, fortezze, piramidi. La sua Piramide Rossa è la più grande e forse più nota della necropoli di Dahshur, il sito archeologico che si trova a circa 40 chilometri a sud del Cairo; ma la sua piramide “romboidale”, costruita più di 4 mila anni fa, nel 2.600 avanti Cristo, è un’opera di ingegneria unica per l’epoca: a differenza di tutte le altre, infatti, il suo perimetro non segue una linea retta ma ha una doppia inclinazione.
Il faraone Snefru con la sua maestosa eredità ora potrebbe nuovamente venire in soccorso dell’Egitto, almeno della sua industria più preziosa: il turismo. Sabato scorso, dopo 54 anni, la Piramide romboidale e l’altra costruzione satellite, una piramide più piccola probabilmente dedicata alla moglie di Snefru, Hetepheres, madre del cattivo Cheope, sono state riaperte al pubblico. La Piramide romboidale, che era chiusa dal 1965 ed è la struttura, spiegano gli archeologi, che ha segnato il passaggio dalle piramidi a gradoni alle piramidi lisce, è alta 105 metri con una base di 188 metri e ha due angolature diverse: i primi 49 metri seguono un angolo di 54 gradi, il resto della struttura verso l’alto ha un angolatura di 43 gradi. Dalla parte nord si può anche accedere all’interno, c’è un tunnel di 79 metri che conduce a due camere interne.
L’inaugurazione del sito alla presenza del ministro delle antichità, Khaled el Anany, con giornalisti, archeologi, fotografi, e i primi curiosi, ha avuto molta eco in Egitto, un Paese che sta cercando faticosamente di recuperare clienti e mercato nel settore turistico, uno dei pilastri dell’economia nazionale, colpito prima dalle rivolte del 2011 e del 2013 e poi da una serie di incidenti aerei che hanno minato la fiducia dei viaggiatori nella sicurezza delle infrastrutture egiziane, come il disastro aereo nel Sinai in cui morirono oltre 200 persone, nell’ottobre 2015, o quello dell’EgyptAir, nel 2016, che fece 66 vittime.
Per il presidente Abdel Fattah al Sisi, che è arrivato al potere nel 2013 con un colpo di Stato, è una priorità: a maggio, dopo la pubblicazione di un report non incoraggiante della Banca Mondiale che descriveva il 60% della popolazione egiziana in condizioni di povertà, il governo ha dato ordine di “aggiornare” le strutture museali e culturali, e di rendere i servizi più efficienti. La ragione dell’input governativo è facilmente comprensibile. In Egitto, 2,5 milioni di posti di lavoro sono nel turismo, il 9,5% di tutti i posti di lavoro e una percentuale molto alta anche se si compara con il resto del continente: più del dieci per cento di tutti i posti di lavoro nel settore viaggi in Africa è in Egitto, secondo i dati raccolti dal World Travel and Tourism Council. Negli ultimi due anni qualcosa si è mosso. Nel 2017 l’industria turistica è cresciuta del 54,8%, meno nel 2018: + 16,5%.
Nel complesso, sommando il turismo interno e la spesa di chi viene dall’estero, parliamo comunque dell’11% del Pil nazionale. Ecco perché quando alla fine del 2018 la Chinese Sichuan Airlines ha lanciato una linea diretta per il Cairo, la notizia è stata accolta con entusiasmo al Cairo: l’obiettivo ora è portare nella terra dei faraoni i nuovi ricchi del Golfo, dell’Asia, soprattutto della Cina.