Il Messaggero, 15 luglio 2019
È morto Fernando Corbató, mister password
Non avesse avuto novantatré anni, e quindi essendo ormai al di là del bene e del male, si potrebbe malignare che sia morto a causa di una delle centinaia di maledizioni recapitategli in forma anonima da quanti ogni giorno combattono con la loro memoria e con una delle sue invenzioni più significative, la password. «Se incontro chi ha inventato la password lo ammazzo». Non c’è più bisogno: Fernando J. Corbató è morto sabato in una casa di riposo in Massachusetts, a Newburyport. Soffriva di diabete, lo cose negli ultimi tempi si erano complicate, e nessuno – nemmeno chi l’ha creata – conosce la password dell’immortalità.
Corbató era un ingegnere informatico, professore emerito del Massachusetts Institute of Technology, il mitologico Mit di Boston nel quale ha trascorso tutta la sua carriera accademica e nel 1990 aveva ricevuto il premio Turing, il Nobel dell’informatica (si dice sempre così) dedicato al matematico e informatico inglese che formalizzò il concetto di algoritmo, aprì la strada all’evoluzione del computer come lo conosciamo oggi e morì suicida a 42 anni perché si sentiva perseguitato a cagione della sua omosessualità dalle autorità britanniche con cui collaborava. Lui, Corbatò, ha avuto una vita molto più lunga e tranquilla, ma il suo contributo allo sviluppo dell’informatica non è stato meno cruciale di quello di Turing.
Corbató è noto soprattutto per il suo contributo ali sistemi di time-sharing che, come ci spiega Wikipedia, è quel «modo del sistema operativo rivolto all’uso delle risorse di processamento, attraverso il quale l’esecuzione dell’attività dell’unità di elaborazione centrale viene suddivisa in quanti o intervalli temporali. Ogni quanto è assegnato sequenzialmente a vari processi di uno stesso utente o a processi di più utenti». Capito tutto? In caso di risposta negativa vi basti sapere che Corbató fu il pioniere del progetto Compatible Time-Sharing System, che consentiva a più utenti in diversi parti del mondo di accedere a un singolo computer contemporaneamente attraverso le linee telefoniche. Questo lavoro portò alla creazione del personal computer dal 1964 presso il Mit e mise per la prima volta al centro della progettazione degli elaboratori e dei software il cliente finale. Naturalmente il sistema operativo multiutente (il primo fu del 1961 ed era il Ctss, il Compatible Time Sharing System, studiato per il computer Ibm 7090/94) aveva per funzionare bisogno di una password.
A Corbató si deve anche la «Corbató’s law», secondo cui i programmatori scrivono lo stesso ammontare di codici a prescindere da quale lingua usino. Negli ultimi anni si era reso conto che la sua invenzione dava più problemi di quanti ne risolvesse. «Internet ha reso gli accessi una specie di incubo», disse in un’intervista di pochi anni fa. E del resto il mondo della programmazione sta esplorando altre vie per mettere i bastoni tra le ruote ai ladri di dati. Ma la password resta comunque al momento uno strumento imprescindibile. E se avete problemi di memoria il problema è vostro, non del compianto ingegner Corbató.