La Stampa, 15 luglio 2019
Sul set di “Romulus”, tra capanne e fango
Non c’erano fonti scritte a cui affidarsi. Siamo partiti da una tomba». Valentina Taviani, costumista di Romulus e Il primo Re, mette subito le cose in chiaro. La ricostruzione storica a cui la squadra di Matteo Rovere, showrunner della serie di Sky, Cattleya e Groenlandia, ha lavorato, è una ricostruzione attenta per quanto possibile. «Rispetto a Il primo Re - continua - abbiamo ricreato ogni cosa. Abbiamo affittato solo gli elmi».
Dopo il successo del film con Alessandro Borghi, Matteo Rovere è tornato sul set per raccontare nuovamente, da un’altra angolazione, la storia di Roma. Sono state edificate due città: Alba Longa e Velia. I colori degli abiti, come dice la Taviani, sono basici. Le armature non sono che lunghe tonache rosse con una placca di metallo sul petto. «Qui c’è civiltà. Cosa che nel Primo Re non c’era». Alba Longa, ricostruita vicino a Roma, appare come un villaggio di capanne di legno e pietra. «È la prima volta - dice Tonino Zara, scenografo - che una cosa del genere viene fatta in Italia».
La costruzione di Alba Longa
Romulus non è solo la nuova serie originale di Sky; è soprattutto l’ennesimo esperimento. «Forse - dice Nils Hartmann, direttore delle produzioni originali di Sky Italia - è la serie più complicata mai fatta». Qualcuno la paragona a Game of Thrones, ma visitando gli interni delle case di Alba Longa sembra di essere sul set di Vikings.
La storia è ambientata nel 700 A. C. circa. I protagonisti sono tre ragazzi: Iemos, interpretato da Andrea Arcangeli, Wiros, da Francesco Di Napoli, e Ilia, da Marianna Fontana. «Se nel Primo Re ci eravamo concentrati sull’arcaicità del racconto, qui mostriamo il potere», dice Matteo Rovere. Insieme a Filippo Gravino e a Guido Iuculano ha firmato le sceneggiature. E con Michele Alhaique e Enrico Maria Artale si è diviso la regia dei dieci episodi da 50 minuti l’uno.
«La serialità italiana continua a crescere - annuncia Riccardo Tozzi, fondatore di Cattleya -. Siamo in piena occupazione, le settimane di lavoro sui set sono raddoppiate». «Per Sky - si inserisce Hartmann - l’apertura internazionale è diventata importante, specie adesso, con la fondazione degli Sky Studios. Vogliamo essere la casa del talento».
I lavori per questa serie sono cominciati più di due anni fa, prima ancora de Il primo Re: secondo indiscrezioni, il film sarebbe stato una prova generale per convincere Cattleya a partecipare a questa impresa. «La prima cosa che ho pensato - scherza Tozzi - è che Matteo fosse pazzo». Sul set, si respira un’aria di condivisione totale. Lo confermano i due registi Alhaique e Artale che hanno potuto partecipare attivamente allo sviluppo del progetto.
In lingua protolatina
Per i tre protagonisti, questa è l’occasione di una vita. «C’è stato sicuramente un approccio traumatico - confessa Arcangeli, che interpreta il ruolo di un principe che deve riconquistare il trono -, perché non sai mai come rendere il protolatino, ma poi impari». Tutta la serie è parlata in una lingua che non esiste: messa insieme e ricostruita, in parte latino e in parte qualcos’altro. «Romulus - dice Hartmann - potrà essere vista anche in italiano». «Questa è una parte importante per me - dice Di Napoli, che interpreta uno schiavo –. Posso dimostrare di saper fare altro». «È fondamentale la musicalità - interviene Fontana, che interpreta una vestale -. E il protolatino è esattamente questo: ritmo».
Nella visione di Rovere c’è chiaramente un’idea di racconto ampia, con più stagioni, ma è ancora presto per dire se Romulus avrà un seguito. La sensazione è che rappresenti qualcosa di inedito nel panorama italiano. Anche la scena a cui assistiamo, con Arcangeli e Giuseppe Buselli, che interpreta il fratello di Iemos, Enitos, ne è una prova: molto fisica, molto precisa, in una carrellata dall’interno all’esterno. Romulus, che andrà in onda su Sky, verrà distribuita a livello internazionale da ITV.