Il Sole 24 Ore, 14 luglio 2019
Un atlante dei luoghi inaspettati
«Cerco profumi ignoti, fiori più grandi, piaceri non mai provati», confessa la Chimera nel sublime dialogo con la Sfinge, contenuto nell’opera più complessa e filosofica di Gustave Flaubert, La Tentation de saint Antoine. La frase, emblema dell’atmosfera decadente e voluttuosa di fine Ottocento, venne ripresa da Huysmans nel suo À rebours, diventando il simbolo di tutti gli spiriti che in ogni epoca desiderano «varcare i confini del pensiero» attanagliati dalla «febbre di ignoto», dalla passione insaziabile per la ricerca e la scoperta.
Sicuramente tra questi spiriti, oggi, c’è Travis Elborough, nativo del Sussex, giornalista e scrittore, ma soprattutto instancabile globetrotter innamorato del nostro pianeta, della sua storia e dei luoghi, spesso poco conosciuti, che la testimoniano.
Dopo il fortunato Atlante dei luoghi insoliti e curiosi, l’autore pubblica ora una nuova, inedita guida intorno a un mondo che difficilmente si può trovare tracciato nonché consigliato dalle agenzie di viaggio. Il titolo è già di per sé significativo: Atlante dei luoghi inaspettati. Scoperte inattese, città misteriose e leggendarie, mete improbabili. Ogni posto descritto è corredato da una mappa che lo contestualizza e da splendide fotografie che ne illustrano le peculiarità. Si apre sul ricordo di Gerardo Mercatore, geografo, astronomo e matematico fiammingo vissuto nel Rinascimento, che per primo utilizzò il nome «atlante» per una raccolta di cartine e mappe.
In copertina era riportata l’immagine di Atlante, il titano mitologico che, colpevole di aver guidato una rivolta contro gli dei dell’Olimpo, venne condannato a portare sulle spalle il peso della volta celeste. Come ben sottolinea Elborough dai tempi di Mercatore, in cui di intere regioni non esistevano altro che leggende, «il mondo è diventato insieme più grande e più piccolo: grazie a internet, quello che era totalmente sconosciuto oggi è a portata di tutti, e le distanze spazio temporali vengono distorte in modi che la cartografia precedente non avrebbe potuto concepire». Nonostante questo, o probabilmente proprio per questo, l’interesse nei confronti dell’ «inaspettato», appunto, di «ciò che è fuori dall’ordinario», non ha fatto che aumentare.
L’Atlante di Elborough si divide in molteplici sezioni, ognuna delle quali illustra luoghi nascosti, sicuramente poco noti sia dal punto di vista geografico che delle vicende che racchiudono. Nella sezione «scoperte accidentali» troviamo l’Arcipelago di Madera in Portogallo, intorno al quale circolano le storie più bizzarre: la prima è di Plinio il Vecchio nell’anno 77. Al racconto dell’autore della Naturalis historia si aggiunge, tra i tanti, anche quello di una storia d’amore: si narra che un marinaio e la sua innamorata erano fuggiti facendo vela verso il Mediterraneo, approdando in un territorio deserto e vulcanico, coperto da una vegetazione lussureggiante. Il nome Madera, ossia «l’isola del Legno», risale al 1420, quando due navigatori raggiunsero questo luogo sconosciuto ricoperto da una fitta foresta, le cui isole sono le sommità di antichi vulcani che si elevano dal fondo dell’Oceano Atlantico.
Si parla anche di Pompei, «la più ritrovata» delle città perdute, di cui l’autore ricostruisce la storia (concentrandosi in particolare su ciò che è andato esattamente perduto), fondendo documenti e leggende, e riflettendo sul fatto che è quasi impossibile «separare la città dalla sua fine infernale». Su Pompei, di cui un terzo si trova ancora sotto terra, incombe ancora il Vesuvio, considerato «uno dei vulcani più pericolosi del mondo». Nel capitolo intitolato «origini inconsuete» si incontra Fort House in Scozia, la cui zona di Leith, snodo fondamentale per il commercio nel Mare del Nord in epoche passate, fu protagonista nell’Ottocento di un’importante opera di edificazione urbana improntata ai principi illuministici. Dopo la crisi economica degli anni Settanta del secolo scorso, Leith e il quartiere del Forte furono tra quelli maggiormente colpiti (il romanzo Trainspotting di Irvine Welsch descrive con lucidità e precisione anche la diffusione dell’eroina pakistana a buon mercato che contribuì al declino dell’area).
Impossibile citare tutti i luoghi descritti da Elborough in un libro che deve essere letto, sfogliato, ammirato da cima a fondo; estremamente suggestive, nella parte dedicata alle «destinazioni eccentriche», le pagine sulle città fantasma, tra cui Neft Da?lari, la metropoli costruita sulle acque del Mar Caspio in Azerbaigian. Un tempo, in seguito allo sviluppo del complesso petrolifero, era abitata da circa cinquemila persone; ora è quasi abbandonata, inaccessibile, in preda alla distruzione della forza degli elementi.
Le ultime due sezioni di questo meraviglioso Atlante (scritto, oltre che con notevole competenza, spesso con ironia e aperte provocazioni nei confronti di chi potrebbe e dovrebbe salvaguardare alcuni di questi «luoghi inaspettati» e invece li sta lasciando morire, e con essi il loro passato, la loro memoria), sono «siti sotterranei» (tra cui troviamo anche le Grotte di Lascaux a Montignac) e «posti incredibili» (taluni davvero impensabili, come l’Isola dei Gatti in Giappone).
Tutte le mete presenti nel testo andrebbero visitate e scoperte, o comunque immaginate, sognando a occhi aperti e magari percorrendone la mappa con la fantasia, per ricordarci dell’«infinita varietà», bellezza e meraviglia del nostro pianeta, che mai come ora è necessario proteggere.