Libero, 14 luglio 2019
A Shanghai licenziato chi non ricicla i rifiuti
In Cina l’obbiettivo dell’aumento della quota di rifiuti differenziati e riciclati viene perseguito con la severità tipica del regime comunista. Lo si vede a Shanghai, la maggior megalopoli del Paese, coi suoi 23 milioni di abitanti, scelta dal governo di Pechino come avanguardia del piano nazionale per recuperare quanta più spazzatura da bruciare negli inceneritori per ricavarne energia. Se adesso la quota di raccolta differenziata in Cina non supera il 20%, il governo di Xi Jinping vuole arrivare al 35% entro un anno nelle maggiori 46 città del Paese, per passare dal 2025 a un sistema nazionale di riciclo capillare in ogni villaggio. A Shanghai si producono 35mila tonnellate di immondizia al giorno, fra famiglie e aziende. Quantità spropositata che dal 1° luglio i cittadini sono obbligati a separare scrupolosamente nelle sue frazioni, pena forti multe e, soprattutto, conseguenze negative sul sistema di “cittadinanza a punteggio” che costituisce l’ultima trovata del regime comunista cinese per il controllo, anche psicologico, della popolazione.
RIVOLUZIONE CULTURALE
La campagna è partita dopo che 1.700 volontari del comune hanno spiegato la raccolta alla popolazione, nel corso di 13mila conferenze locali tenute nei singoli rioni. Così gli abitanti hanno imparato, almeno in teoria, che i rifiuti vanno divisi e i sacchetti dei vari colori vanno gettati nei bidoni corrispondenti in orari precisi al mattino e alla sera, sotto lo sguardo di 30mila sorveglianti. Ma la gente è confusa anche perché, per esempio, gli ossi di pollo andrebbero nell’umido, mentre quelli di maiale nel secco. Le batterie elettriche, a seconda del tipo vanno nel secco, oppure nel non riciclabile. I sacchetti di plastica, se sono sporchi, vanno prima lavati, il che pare assurdo a moltissimi anziani. Ma per chi sgarra ci sono multe salate, ossia 200 yuan, circa 30 dollari, per i singoli cittadini, e per le aziende una cifra tra 50mila e 400mila yuan, cioè fino a 60mila dollari. La giunta di Shanghai vuole premere sull’acceleratore per arrivare già entro il 2021 a riciclare l’80 % dei rifiuti urbani, ovvero 27mila tonnellate al giorno. Perciò si pensa di utilizzare come deterrente anche il sistema di credito sociale, ossia quella sorta di “cittadinanza a punti” che, ormai approvata dal regime, entrerà pienamente in atto dal 2020, misurando l’affidabilità sociale ed economica di ciascun cittadino, anzi suddito, dell’impero cinese.
REPUTAZIONE ROVINATA
Perdere punti, anche solo per aver sbagliato lo smaltimento dei sacchi, significherà per un cinese patire una ghettizzazione, data l’estrema importanza, più che in Occidente, assegnata in Cina alla “faccia”, alla reputazione. Insomma, una specie di gogna sociale utilizzata dal governo per direzionare dall’alto la vita della gente. Così si spiega il timore di sgarrare di molti cittadini di Shanghai, che stanno incrementando la già tradizionale abitudine di mangiare spesso al ristorante anziché a casa propria, per evitare di aver a che fare con troppi rifiuti. Se è vero infatti che i bassi prezzi della ristorazione in Cina hanno, di per sé sempre fatto sì che i cinesi usassero mangiare più spesso di noi occidentali fuori casa, ora il giro di vite sulla spazzatura domestica spingerà ancor di più i cittadini a scaricare sui ristoratori questa preoccupazione.