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 2019  luglio 14 Domenica calendario

Le nuove cure dallo spazio. Intervista a Yossi Yamin

Yossi Yamin è presidente di SpacePharma, un’azienda con sede a Courgenay, vicino a Basilea in Svizzera, che fa ricerca e sviluppo a Herzliya, in Israele, e ha un ufficio a Palo Alto, California, Usa. L’azienda offre ai ricercatori l’accesso all’ambiente unico della microgravità, utilizzando innovativi laboratori orbitali telecomandati.
Cos’è SpacePharma?
«SpacePharma sta cercando di portare l’umanità oltre i confini dell’atmosfera, di rendere lo spazio commercialmente accessibile agli scienziati e ai giovani, senza l’intervento di Stati, agenzie spaziali o controllori. I nostri robusti Cubesat sono laboratori miniaturizzati in contenitori da 30 x 10 x 10 centimetri con un peso totale tra 5 e 6 chili. Hanno pannelli solari per creare energia e noi li gestiamo da terra, a 500 chilometri di distanza, in modo da poter inviare i comandi in pochi secondi».
Com’è nata ?
«Dopo 25 anni nell’esercito israeliano, quand’ero al comando di un’astronave in orbita per il servizio di intelligence israeliano, ho appreso che nello spazio si possono fare molte cose usando i liquidi. Così abbiamo progettato un laboratorio umido miniaturizzato (umido significa che tutto ciò che si trova al suo interno deve essere liquido). Possiamo riempirlo con cellule staminali, batteri, reagenti, liquidi ed enzimi e gestirlo dalla Terra per verificare come possiamo costruire cristalli migliori, per saperne di più sulla sconfitta del cancro e per generare sempre più conoscenza per la comunità scientifica, per promuovere medicine e cure».
Perché c’è bisogno di un laboratorio nello spazio per fare questo?
«Tutto ciò che ci circonda sulla Terra, dalle piante all’umanità, è soggetto agli effetti gravitazionali. Anche il nostro invecchiamento è influenzato dalla gravità. Eliminando la gravità dall’equazione, accadono cose favolose, ma questo mondo senza gravità non può esistere. Non c’è una macchina o un simulatore che possa generare assenza di peso, microgravità, a lungo. Superando l’atmosfera, oltre i 250 chilometri, tutto fluttua liberamente e, ad esempio, i batteri a quell’altezza diventano molto aggressivi. Se riesci a sconfiggere i batteri virulenti puoi aiutare più persone a sopravvivere».
Si possono davvero creare nuove medicine nello spazio?
«Sì. Nello spazio, senza le forze che influiscono sul loro sviluppo, possiamo far sviluppare cristalli molto più puri e più grandi. Possiamo far sì che l’industria farmaceutica usi composti molto migliori per lo sviluppo di nuovi farmaci. Nello spazio si possono unire e ripiegare gli enzimi come un origami di peptidi, cosa impossibile qui sulla Terra, e molte altre cose ancora. Per esempio, se prendi le cellule tumorali dal corpo di un paziente e le coltivi in una capsula di Petri non c’è modo che rimangano stabili, ma se prendi il campione e lo metti in orbita, rimarrà stabile e crescerà in tre dimensioni. Quindi puoi aggiungere degli indicatori e controllare il modo giusto per attaccare il cancro».
C’è un esempio di ciò che è stato realizzato usando questi laboratori in orbita?
«Si, la costruzione cristalli per alcuni tipi di malattie respiratorie. Abbiamo preso questi cristalli e li abbiamo messi nelle macchine per inalazione, e sono i migliori del mondo».
Quanto costa questa tecnologia?
«Possiamo creare un laboratorio per quattro clienti che costa 60 mila dollari, quindi 15 mila a cliente. Bisogna aggiungere il costo di lancio e il satellite. Per circa 1 milione di dollari si può avere un laboratorio completo in orbita con tutto il necessario per la comunicazione». 
Qual è il suo obiettivo?
«Vogliamo che un numero sempre maggiore di università e istituti di ricerca governativi, utilizzino questo dominio orbitale. Offrire loro l’opportunità di usare le condizioni di microgravità in prima persona per elaborare nuove medicine, nuovi preparati e nuova chimica».
Cosa vende SpacePharma?
«Vendiamo la capacità di realizzare cose impossibili da fare qui sulla Terra in una zona industriale orbitale. Il prossimo progetto sarà La valigia di James Bond, una fabbrica futuribile delle dimensioni di una valigia di 25 chili, che può operare in orbita senza nemmeno andare in laboratorio. Su ogni volo possiamo ospitare da quattro a trenta valigie James Bond ed è possibile produrre da 50 a 75 chili di materia prima in ogni missione. Cinque chili sono sufficienti per ottenere una medicina completa e noi la produrremo con il sistema James Bond per circa due milioni di euro. Questa è la nuova industria. In orbita. Possiamo salvare un sacco di spazio sulla Terra con fabbriche che circolano cinquecento chilometri sopra le nostre teste».
Tutto questo può aiutare a trovare trattamenti per il cancro, prevenire l’invecchiamento, rigenerare pelle e tessuti?
«Sì, facciamo ricerca su Dna, cancro e cellule staminali, e anche sulle semenze più resistenti al riscaldamento globale. senza dimenticare i vaccini».