La Stampa, 14 luglio 2019
Nel mondo sono più gli obesi dei denutriti
Sono passati 34 anni da quando, tra l’entusiasmo e le polemiche, il Live Aid accese i riflettori sulla carestia in Etiopia, dove in quel momento la fame uccideva oltre 40 mila persone al mese. Da allora l’agenda dei potenti è cambiata parecchio e temi come la malnutrizione, la povertà, il cambiamento climatico, non sono più il vessillo dei movimenti altermondisti culminati e bastonati al G8 di Genova nel 2001 ma target strategici di big globali come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. Eppure, sebbene per anni il trend della fame nel mondo sia calato, la curva si è invertita nel 2015 anche sulla scia della crisi economica del 2008, e da lì in poi è rimasta critica a un livello lievemente inferiore all’11%: vale a dire che oggi con 820 milioni di persone senza nulla da mangiare l’obiettivo Fame Zero, fissato dalle Nazioni Unite per il 2030, è lontano anni luce e, come se non bastasse, è stato affiancato da una nuova sfida alimentare, l’obesità, opposta e complementare all’altra nel circolo vizioso della malnutrizione, 2 miliardi di persone sovrappeso di cui oltre un terzo obese.Secondo l’ultimo rapporto della Fao sulla situazione della fame del mondo, che sarà presentato domani a New York, «ci sono oggi più persone obese che persone che soffrono la fame». Il numero di quelli che non hanno cibo più quello di chi ne ha ma ricco di grassi e povero di proteine disegna un fenomeno da almeno 2 miliardi di persone, compreso l’8% dei nordamericani e degli europei.
«Il tasso di persone sovrappeso e obese non cessa di aumentare e mentre la fame riguarda zone circoscritte l’obesità è ovunque», ripete da mesi in qualsiasi contesto internazionale il direttore generale della Fao José Graziano Silva, denunciando la «mondializzazione dell’obesità». Il senso è che in alcuni Paesi il cibo non c’è ma in molti altri ce n’è di qualità scadentissima e a basso costo, buona per le tasche delle famiglie più disagiate ma pessima per la loro salute.
Il quadro è complesso. La fame, lungi dall’essere debellata, è in aumento quasi dovunque in Africa subsahariana (20%), dove il cambiamento climatico che devasta i raccolti di intere nazioni si somma ormai alla corruzione endemica e al ristagno economico. L’America Latina è ferma al 7% ma l’Asia occidentale mostra una crescita continua delle aree critiche sin dal 2010 ed è al 12%.
Sembra un paradosso associare la carenza di cibo al sovrappeso, ma è solo apparente. Basti pensare che dei 20 Paesi dove l’obesità è aumentata di più, 8 sono africani. Il guaio, spiega la Fao, è il consumo crescente di alimenti industriali, lavorati, poco nutritivi ma zeppi di grassi, zucchero, additivi chimici.
Il risultato è la cifra monster di 3,4 milioni di persone che ogni anno muoiono per problemi legati all’obesità. Il fenomeno, sebbene maggiore nei Paesi a basso reddito, avanza in modo esponenziale ovunque, soprattutto tra i bambini in età scolare ma anche tra gli adulti. Nel 2018 la Fao stimava 40 milioni di minori di 5 anni sovrappeso.
Il costo economico della malnutrizione è altissimo, un vettore che cresce con le diseguaglianze economiche e sociali. Gli obesi dello studio Fao non hanno nulla dell’opulenza lasciva di Oblomov, il pingue protagonista dello scrittore russo Ivan Gončarov. Sono i figli del villaggio globale che, illusi di potervi partecipare, compensano low cost il divario reale.
Il direttore generale della Fao incalza con una road map necessaria: rafforzare la disponibilità di cibo sano, vietare o limitare le bevande zuccherate nelle scuole, promuovere l’accesso a mercati di prodotti freschi. Ma non basta, urgono incentivi finanziari perché le persone acquistino prodotti sani, politiche di tassazione dei prodotti ad alto contenuto di sali, zuccheri e grassi, coupon per aiutare i gruppi vulnerabili ad acquistare cibo fresco al mercato, campagne informative massicce per rendere i consumatori consapevoli di cosa mangiano. All’epoca del Live Aid l’Etiopia fu uno shock lontano, stavolta l’emergenza è qui, nel cortile di casa.