Dunque la scelta di diventare il partner logistico di riferimento in Italia per Amazon sta pagando?
«Visti i numeri direi di sì. E peraltro abbiamo appena concluso un accordo di esclusiva con un altro grande operatore come Zalando. Ma quello che oggi appare scontato, due anni fa non lo era. Tanto che all’inizio anche in azienda molti erano scettici.
Ma io partivo da un ragionamento semplice. Poste ha due anime: una è quella dei prodotti finanziari e dei servizi di pagamento; l’altra quella della logistica e dei recapiti.
Quest’ultima ha molto sofferto negli ultimi anni. Un solo dato: nel 2005 in Italia si consegnavano circa 7 miliardi di pezzi — lettere, pacchi, telegrammi e altro — ogni anno. Prevediamo che nel 2019 si scenderà a 2,5 miliardi di pezzi. È un calo secco del 70%, frutto di una tendenza che dura appunto da anni. Di fronte a questo quadro si possono tagliare i costi e frenare gli investimenti, noi abbiamo fatto una scelta contraria: abbiamo preso l’unico settore che saliva, quello delle consegne di pacchi nell’e-commerce e abbiamo deciso di investire in quel settore, tutelando le nostre 65 mila persone che lavorano nel mondo delle consegne».
Come state cambiando pelle dopo questa scelta?
«Abbiamo cominciato con un accordo sindacale per noi storico, già nel 2017, che ha allungato l’orario di lavoro dei portalettere fino alle 20 nei giorni feriali e al sabato mattina. Così abbiamo potuto creare due turni di consegne. Al mattino si privilegia la corrispondenza e al pomeriggio si consegnano i pacchi. Ma l’obiettivo è sempre più quello di impostare la rete logistica sui pacchi e poi saturarla con la posta. Anche perché il 95% degli oggetti consegnati attraverso l’e-commerce è, come diciamo noi, " portaletterabile", ossia può essere consegnato dai nostri dipendenti. Adesso chi compra via e-commerce può scegliere se farsi consegnare gli acquisti a casa o a qualsiasi indirizzo preferisca, oppure ritirarlo in uno dei 12 mila uffici postali o in uno dei 3500 PuntoPoste che grazie all’accordo con la Federazione italiana tabaccai ci fanno da supporto».
Dopo il suo arrivo in Poste lei ha deciso di non tagliare più circa 1400 uffici postali di cui era già prevista la chiusura. Che bisogno c’era di fare un accordo anche con i tabaccai?
«Intanto perché se non lo avessimo fatto noi ci sarebbe stato qualche altro concorrente che si sarebbe mosso su questa rete che è ancora più capillare di quella dei nostri uffici. E poi abbiamo l’obiettivo di essere davvero vicini ai clienti dell’e-commerce e questo è un modo in più per esserlo».
Vedremo presto i pacchi consegnati dai droni?
«I droni vanno bene per i vasti spazi degli Stati Uniti. Da noi stiamo lavorando di più sui veicoli senza conducente. Pensiamo a una sorta di ufficio postale ambulante che possa avvisare il cliente quando è vicino a lui, in modo che possa venire a prendere il suo pacco con facilità. Ma la tecnologia non è solo questo.
Martedì, alla presenza del Capo dello Stato, inauguriamo il nuovo hub logistico all’interporto di Bologna. Un investimento da 50 milioni in quello che a tutti gli effetti è il centro dell’Italia dal punto di vista dei trasporti, con una capacità di lavorare pacchi — anche i cosiddetti fuorimisura, come ad esempio gli elettrodomestici — che può arrivare a smistare 250 mila colli al giorno e che ci consentirà di arrivare al nostro obiettivo di fine piano, ossia passare da 500 mila a 900 mila pacchi consegnati quotidianamente».
Questa spinta verso le consegne ci porterà a vedere i postini che consegnano ad esempio anche il sushi o la pizza?
«Di sicuro stiamo guardando al settore delle consegne di cibo a domicilio molto da vicino. Ad esempio lavoriamo con Coldiretti a un progetto di consegna di cassette di prodotti agricoli a km zero. Del resto quello del cibo è uno dei comparti con maggiore crescita e quindi ci dobbiamo essere. E il fatto che i nostri portalettere ormai lavorino fino alle 8 di sera significa che possiamo accettare consegne da fare in giornata anche ad orari che prima erano impensabili, come le 11 di mattina».
Ma non è che tutto questo entusiasmo per i pacchi rischia di penalizzare il servizio tradizionale? I disservizi postali fanno spesso notizia…
«Intanto avere attività in crescita è l’unico modo per continuare a offrire il servizio postale universale. Siamo un’azienda che all’inizio di ogni anno deve già far fronte a una perdita certa su questo fronte. E poi, mentre tutti gli altri indicatori crescono, i reclami sono costanti, segno che comunque stiamo migliorando. Infine molti casi di posta abbandonata che si leggono sui giornali non riguardano Poste, ma altri operatori. Ci teniamo si sappia».
Se scommettere sui pacchi significa sopperire al fatto che ci sono molte meno lettere da consegnare, il vostro settore finanziario tira molto. Quasi troppo, forse, per certi concorrenti.
State pestando i piedi alle banche o, adesso che entrerete come annunciato anche nella Rc Auto, alle assicurazioni?
«Forse all’inizio c’è stata qualche diffidenza da parte dell’Abi, l’associazione delle banche. Ma da quando abbiamo cominciato a lavorare con le stesse banche, facendo in modo che gli uffici postali siano un canale distributivo in più per i loro prodotti e al tempo stesso scegliendo noi, con il nostro know how, i prodotti più opportuni e sicuri da dare ai nostri clienti, visto che sono tutti comunque a marchio banco Posta, eventuali problemi sembrano finiti».
Entro fine anno vi lancerete anche nel settore Danni, in particolare nella Rc Auto. Avremo una compagnia Poste Danni o vi alleerete solo con uno dei grandi del settore?
«No, non vedo possibile per le Poste avere i suoi periti e i liquidatori.
Invece, allo stesso modo di quel che abbiamo fatto per i prodotti finanziari, proporremo ai nostri clienti le polizze Rc di varie compagnie, comprese di sicuro le maggiori italiane».