la Repubblica, 14 luglio 2019
Dolomiti, record delle seggiovie
Seggiovie e funivie a pieno regime, per la prima volta, come d’inverno. Passi di montagna riaperti al traffico, senza più limiti dopo la rivolta popolare dell’anno scorso. Le Dolomiti, in vista delle Olimpiadi, vanno sempre più di moda e diventano accessibili a tutti, anche d’estate. Già senza precedenti il boom di turisti. Oltre 100 gli impianti di risalita in funzione in 12 valli, come fosse Natale, utilizzabili con tessere a punti, o a tempo: abbattuti i costi per famiglie, bikers ed escursionisti. Risultato record: più 34 per cento di passeggeri rispetto al 2018, tra giugno e i primi di luglio, con picchi del 40 per cento per le cabinovie che salgono dai fondovalle in Alto Adige, Veneto e Trentino. Numeri senza precedenti. A favorirli, caldo torrido, voli internazionali low cost e invecchiamento della popolazione: in crescita vertiginosa ciclisti e anziani, nuovi leader delle ferie in altura, in fuga dalla condanna urbana all’aria condizionata per rifugiarsi al fresco naturale dell’alta quota.
C’è però anche l’altra faccia della medaglia: raduni di fuoristrada sui sentieri oltre quota duemila metri, anche in aree protette. Accessi sbarrati contro l’assalto ai luoghi-simbolo delle Alpi, resi famosi dalle serie tivù. Contadini e allevatori in corteo, contro l’assenza di misure anti- orso e anti-lupo. Escursionisti in scarpe da ginnastica lungo sentieri ancora innevati, o bikers lanciati a razzo verso valle. Sono, queste, le Dolomiti sotto assedio: un’immensa Venezia di roccia, dove le colonne di pullman e maxi-moto sostituiscono i giganti del mare. Come se a Machu Picchu facessero atterrare i jet tra le rovine degli Inca, o alle Galapagos mettessero in scena le foche ammaestrate tra le tartarughe giganti.
Ambientalisti, associazioni alpinistiche e residenti sono in rivolta. «Si sono abolite le gambe – sintetizza Luigi Casanova, presidente onorario di Mountain Wilderness e vicepresidente della Commissione internazionale per la protezione delle Alpi – Dolomiti e Unesco sono ridotte a brand per alzare i prezzi di una natura in vendita come un prodotto qualsiasi. Mentre città e metropoli si mobilitano per proteggere almeno i centri storici, nei luoghi più fragili della terra si stende il tappeto rosso per aumentare traffico e inquinamento. È la vergogna di una politica vecchia e priva di coraggio». A far scoppiare il caso, oltre all’apertura no limits delle seggiovie, la retromarcia sui passi chiusi al traffico. Fino a ieri, per risparmiare soldi ed energia, in estate venivano messi in funzione solo gli impianti strategici, che consentivano agli escursionisti il primo accesso alla rete dei sentieri.
«Invece oggi – dice Georg Simeoni, presidente dell’Alpenverein sudtirolese – sono proposti come normali mezzi di trasporto. Caricano le biciclette elettriche e quelle da discesa, o portano i clienti a mangiare nei rifugi trasformati in ristoranti gourmet. Ormai si usano anche per scendere, come un autobus. Non emettono gas tossici, ma cancellano l’attività fisica e con i passi dolomitici riaperti alle auto contribuiscono a sconvolgere habitat ed equilibri della natura. Se si aprono le seggiovie in estate, si devono chiudere i passi al traffico, almeno tra le 9 e le 16».
Scontro ancora più duro a San Martino di Castrozza, dove è in corso “Camp Jeep 2019”, il più grande raduno di fuoristrada del pianeta. Oltre 800 auto si danno battaglia oltre quota duemila, nel cuore delle Pale: sei percorsi da 50 chilometri in piena area protetta, al confine con il Parco naturale. «È una zona di natura eccezionale – denuncia Anna Facchini, presidente della Sat, prima sezione del Club alpino italiano – e va valorizzata in altro modo. Trovo straziante che il marketing turistico si riduca a puntare su rumore, smog e motori, umiliando un luogo che proprio dieci anni fa ha ottenuto la tutela dell’Unesco». Per mesi i movimenti ambientalisti hanno tentato di far annullare l’evento. Albergatori e commercianti hanno infine convinto il presidente della Provincia, Maurizio Fugatti, a dare il via libera all’evento. «Ci si indigna per le grandi navi nel Canal Grande – dice Casanova – non per le jeep nei parchi dolomitici, o per le cabinovie che girano anche di notte e che ti servono la cena sorvolando le foreste distrutte dalla tempesta Vaia, simbolo globale della terra ferita». Fino all’anno scorso una risalita costava 15-20 euro, molti optavano per i propri piedi. Adesso invece, grazie agli sconti del 50 per cento con un prezzo medio di 5 euro, gli impianti sono presi d’assalto.
«Effettivamente – dice Thomas Mussner, direttore generale di Dolomiti Superski – c’è molto interesse. Ma ricordo che le seggiovie non inquinano e che permettono di lasciare ferma l’auto». Problema che esplode al lago di Braies, tra Val Pusteria e Cadore. Giovedì migliaia di turisti l’hanno preso d’assalto, attratte dall’opportunità di un selfie davanti al palcoscenico della fiction «Un passo dal cielo». Risultato: parcheggi esauriti, auto ammassate sui prati, strada chiusa per ragioni di sicurezza e rivolta della folla. «Il sistema è al collasso – dice il re degli Ottomila, Reinhold Messner – ma va trovata una soluzione praticabile. Per salvarsi, fermare lo spopolamento e restare un richiamo mondiale, Dolomiti e Alpi devono allontanare l’aggressività di motori, veleni e rumori. Tentare è un dovere e studiare una logistica nuova, fondata su impianti di risalita e mobilità a emissioni zero, è possibile. In estate purtroppo fa sempre più caldo, il clima è cambiato e l’umanità è sempre più vecchia. Dire no e basta non ha più senso nemmeno per gli ecologisti.
Anche gli anziani come me, non solo gli alpinisti e chi è sano, hanno diritto di andare a farsi un giro in montagna, di respirare e di sentirsi bene in luoghi straordinari. La sfida del secolo qui è l’equilibrio tra libertà a sostenibilità». Il tempo per reagire però, avvertono gli scienziati, sta per scadere: l’ultimo ghiacciaio delle Dolomiti, sulla Marmolada, tra vent’anni sarà scomparso. Chi passerà il tempo libero in un mondo senza più acqua?