la Repubblica, 14 luglio 2019
Le figurine Panini verso gli Stati Uniti
Ci stanno provando da un paio di anni, ma questa volta il traguardo è a un passo. Il gruppo Panini, la storica azienda sinonimo di figurine di calciatori e albi a fumetti, fondata negli anni Sessanta da una famiglia di Modena partita da una edicola a due passi da piazza Duomo, sta per passare in mani americane.
L’operazione, non ancora confermata dagli interessati, è stata anticipata dal quotidiano La Gazzetta di Modena : un gruppo americano avrebbe vinto la concorrenza su un paio di rivali tra cui anche una società cinese e nei giorni scorsi ci sarebbe stato un incontro decisivo a Modena. La notizia non arriva inaspettata negli ambienti della finanza: da almeno due anni, la Panini è sul mercato. Ma non era mai stato trovato un acquirente a causa delle richieste economiche avanzate dalla proprietà, avendo fissato l’asticella attorno al miliardo di euro.Una valutazione che sarebbe giustificata dai numeri, crescenti negli anni, che hanno fatto del gruppo Panini la classica macchina macina utili: «Rende come un tango bond ma ha la solidità del bund tedesco», secondo la definizione di un manager che ha lavorato con una delle proprietà che si sono alternate da quando la famiglia fondatrice ha passato la mano negli anni Novanta.
La Panini è una sorta di multinazionale tascabile: 450 sono i dipendenti in Italia, altri 700 sono sparsi in giro per il mondo, visto che i suoi prodotti sono venduti in 120 Paesi. Oltre 5 miliardi di figurine sono state distribuite nell’ultima stagione, con 30 collezioni solo in Italia su 400 a livello globale. Il 2018 ha fatto segnare un nuovo record storico per il giro d’affari: grazie al successo della collezione dei calciatori che hanno disputato il Mondiale in Russia, la società ha annunciato di aver superato per la prima volta il miliardo di euro di fatturato. Nonostante l’assenza della Nazionale.
Perché quelle delle figurine è un business ciclico: negli anni pari con i Mondiali o gli Europei di calcio – i ricavi raddoppiano. È appena successo con l’edizione della coppa del Mondo in Russia. Per capirsi: nel 2017, anno dispari, il giro d’affari era stato “solo” di 536 milioni.
Ma non c’è solo il calcio, per quanto sia predominante. Oltre agli album dei vari campionati nazionali, la Panini si è lanciata anche negli sport di squadra là dove sono popolari, come la pallavolo in Polonia. Un successo è stata la collezione dei mondiali di pallamano disputati due anni fa in Francia, dove l’handball sta insidiando il rugby. E sarebbe interessante capire come è andata la tiratura dell’album per il mondiale di calcio femminile appena disputato. Inoltre ci sono i fumetti: una parte marginale del fatturato, ma non per questo secondario, visto che pubblica le avventure di tutti gli eroi della Marvel e gli albi dei personaggi Disney.
Ma allora se non è più controllata dalla famiglia Panini, chi vende? Al momento, la proprietà è in mano a un gruppo di manager guidato dall’amministratore delegato italo- argentino Aldo Hugo Sallustro, che ha rilevato la società nel 2016 da una cordata guidata dalla famiglia Merloni (già proprietaria dell’Indesit). Ma in passato sono passati anche Mondadori, De Agostini e il tycoon Robert Maxwell, l’unico che ci ha perso soldi. Ma aveva fatto l’errore di mandare manager che parlavano solo inglese. E con il dialetto emiliano avevano difficoltà.