la Repubblica, 14 luglio 2019
Tripoli, nel bunker di Juwaili
TRIPOLI — L’uomo che difende Tripoli arriva da Zintan. Il piccolo Cincinnato di Libia è tornato a combattere. Ha riunito un cartello di milizie di dieci città e cento villaggi, ha ricevuto le armi, i droni e i finanziamenti di Turchia e Qatar, e si è lanciato a fermare l’assalto di Khalifa Haftar. «Sapevo che Haftar ci avrebbe attaccati, sapevo cosa erano le sue manovre dell’ultimo anno, la conquista dei pozzi petroliferi a Ovest, la discesa verso Sud, la sua finta “lotta al terrorismo": una messinscena miserabile per avvicinarsi a Tripoli. Per attaccarci alle spalle. Non eravamo pronti, perché noi con lui discutevamo di pace: ma adesso combattiamo, non passerà mai, la Libia combatterà anche 100 anni contro di lui, contro un nuovo dittatore». Il generale libico che (per ora) ha fermato il generale ribelle è un uomo che sembra quasi minuto. Aggraziato e gentile. Nell’ufficio del bunker in cui lo incontriamo si muove misurato, parla con ispirazione, racconta la sua battaglia per la Libia e la sua vita da Cincinnato. Poche ore dopo l’assalto a Tripoli, Osama Juwaili è stato messo dal presidente Fayez Serraj al comando delle operazioni nella Zona Ovest. È uno “zintani”, era il capo del “Consiglio Militare di Zintan” la città dell’Ovest in prima linea contro Gheddafi nel 2011. Oggi in questa guerra civile l’unico altro capo militare al suo livello è il generale Muhammad Haddad, il misuratino che comanda sulla Zona Centro, da Misurata a Sirte. Dettaglio non secondario: i capi che difendono la capitale Tripoli sono di Zintan e Misurata.
"Cincinnato” perché come il dittatore romano fu richiamato in servizio per difendere la nazione. «Sono nato nel 1961, entrai in accademia ai tempi di Gheddafi nel 1982 e lasciai l’esercito nel 1992, per entrare nel settore della formazione». Dopo ha lavorato con il Ministero del Lavoro, come addestratore nell’accademia militare che aveva frequentato. Dopo la rivoluzione, per pochi mesi fu Ministro della Difesa, poi tornò alla vita civile una prima volta. Ancora, riprese la guida dei soldati di Zintan nella guerra civile del 2014, «e quando finì quella guerra lasciai le armi facendo una festa grandissima».Ma nel 2017, per consolidare la pace fra Zintan e Misurata, Serraj lo richiamò nell’esercito nazionale. Adesso è diventato il leader militare riconosciuto di Tripoli, anche perché aveva comunicato a tutti la sua profezia su Haftar. Uno dei “triumviri” libici che oggi guidano la capitale (Serraj, Maitig e Bishaga) lo ammette a Repubblica : «Dall’autunno scorso Juwaili è venuto a dirci di non fidarci, perché le operazioni militari di Haftar erano un trucco, il piano era quello di far finta di negoziare, di rallentare il processo politico mentre la sua milizia si avvicinava a Tripoli». Haftar conquistò prima Derna, poi la mezzaluna petrolifera, poi scese verso il Sud, Sebha, Murzuq. Alla fine, l’assalto a Tripoli. «Quando il Parlamento decise di offrirgli il ruolo di capo militare della Libia unita, io piegai la testa», dice oggi. Poteva essere lui il nuovo capo militare, «ma le decisioni del Parlamento vanno rispettate. Però sapevo che ci sarebbe stata un’altra guerra, e per quanto possibile noi ci siamo preparati. Nel 2017 abbiamo iniziato ad addestrare i soldati. Eravamo talmente offuscati da Haftar che comunque anche noi, come esercito e come polizia, da mesi non facevamo che negoziare la riunificazione con le truppe dell’Est. Fino a che lui ha pugnalato la Libia alle spalle».
Raccontano che in questi quasi 4 mesi Juwaili si sia mosso con una velocità incredibile: «All’inizio eravamo in enorme pericolo. Lui si era preparato per mesi, e anche se lontano dalle basi della Cirenaica, aveva trasferito mezzi e uomini. I primi giorni sono stati difficili, lui aveva tutto: i tank, i missili anticarro, artiglieria pesante, poi sempre più forte l’uso dell’aviazione e dei droni». Juwaili non accenna dettagli su come ha organizzato la difesa di Tripoli. Si sa che l’appoggio vitale è arrivato dalla Turchia di Erdogan, ma il generale parla solo delle sue battaglie. «La ripresa di Gharian è stata importante, la guerra non è finita, durerà ancora soltanto perché ci sono paesi stranieri che continuano ad armare e pagare Haftar, ma da Gharian in poi li abbiamo respinti più lontano, e presto vedrete ci saranno nuove iniziative nostre». Le voci di Tripoli dicono che dal 4 settembre, o da quando ha ricevuto armi e droni dai turchi, il generale ogni notte controlli ogni target che verrà bombardato. Ogni azione deve evitare di coinvolgere i civili. Dicono anche che la guerra durerà a lungo, perché Egitto ed Emirati continueranno a rifornire Haftar, Turchia e Qatar a sostenere Tripoli. «Finché sarà appoggiato dall’esterno, Haftar continuerà a distruggere la Libia. Noi ci difenderemo per 100 anni, non torneremo indietro, a un’altra dittatura. La pace? La voglio, è il mio sogno, voglio tornare alla vita civile, ma combattere oggi è un dovere».