Robinson, 13 luglio 2019
La bibbia alternativa di Marcione
Se c’è un uomo a cui il Nuovo Testamento deve qualcosa è Marcione: il ricco armatore d’Anatolia, venuto a Roma e diventato nel 144 il primo vescovo condannato come eretico della storia cristiana. È la tesi della bella introduzione di Claudio Gianotto al Vangelo di Marcione uscito per la Nuova Universale Einaudi, che da sola vale un volume ricco di altri spunti dottrinali, intellettuali e storici. Lo storico torinese accompagna il lettore dentro il mondo del cristianesimo primitivo in cui i magmatici materiali che raccontano le parole e i gesti di Gesù iniziano a raffreddarsi e pongono ad una comunità ancora abbastanza marginale la prima sfida” radicale” della sua esistenza e una questione che la segnerà per sempre: qual è lo statuto della bibbia ebraica?
Marcione propone un antagonismo che ancora oggi affiora laddove l’antisemitismo o l’analfabetismo religioso contrappongono il” Dio della legge” ( che sarebbe quello dell’ebraismo) ad un altro” Dio dell’amore” ( che sarebbe quello di Gesù): come se l’unica certezza inconcussa che abbiamo sul Nazareno non fosse quella della sua appartenenza ad Israele e del suo assassinio per mano dell’occupante romano. In questa forma di disprezzo per la bibbia ebraica ( chiamato” antico” testamento in una logica di sostituzione del popolo dell’Alleanza che nel cattolicesimo è stata incrinata solo dopo papa Wojty?a) Marcione rappresenta una seduzione estremista e forte che produce una bibbia alternativa, si potrebbe dire, in due tomi: un “apostolikon” con le lettere di Paolo e un “evangelo”, che ebbe una diffusione notevole e un suo successo in luoghi dove questo vescovo doveva aver predicato. Non ci è giunta alcuna copia di quel lavoro: ma, distillando le frasi dei teologi della grande chiesa che accusano Marcione, la filologia ha ricostruito un testo di cui Gianotto offre sulla base di una storiografia assai florida, la versione greca e la fine traduzione italiana di Andrea Nicolotti.
Il vangelo di Marcione era una manipolazione di quello che oggi conosciamo come il vangelo di Luca come fa intendere una frase di Tertulliano spremuta per due secoli dagli studiosi? Gianotto ricostruisce questo” giallo” con grande lucidità, ma non esclude l’altra ipotesi: e cioè che proprio il vangelo di Luca sia in realtà un’opera posteriore a Marcione, che depura e si cautela rispetto al vangelo dell’eretico, introducendo i racconti del natale e dell’infanzia, ignoti a Marcione, in cui la natura messianica di Gesù e la funzione del tempio di Gerusalemme vengono riaffermati con forza.
E in ogni caso Marcione non ha solo a che fare con il destino di un vangelo: ma con quello del vangelo” tetraforme”, cioè costituito da 4 vangeli diversi che formeranno il canone neotestamentario consolidatosi nei 200 anni successivi. Perché l’ipotesi è che davanti alla forza del vangelo monocorde e di frattura con l’ebraismo di Marcione, la Grande Chiesa si sia difesa proprio accostando 4 vangeli che, al di là delle tesi di Origene o di Agostino per teorizzarne la convergenza teologica e spirituale pur in presenza di dettagli difformi, appare oggi come un dato dottrinale di enorme portata. Quando la Grande Chiesa rifiuta il taglio di Marcione con Israele, proprio allora si adatta e si fa adottare dal vangelo poliforme che le ricorda lo scarto fra la parola e il testo, fra la lettera e la sequela.
Marcione è dunque centrale per tutti gli studi sulle origini cristiane: per la sua campagna a Roma, sostenuta da una pingue donazione; e per il fatto di essere stato condannato in modo irrevocabile quando la chiesa non aveva nessuno strumento “secolare” per far valere una scomunica.
La storia infatti dell’era costantiniana fa spesso apparire il condannato come la vittima di un potere inquisitivo e poi inquisitoriale: fino al guizzo di Dostoevskij in cui nelle grinfie dell’inquisitore cade proprio il Gesù ritornato. Qui siamo prima, in una chiesa in cui non c’è un potere da difendere, ma un nucleo di fede che non vuole rinunciare alla storicità dell’ebreo marginale Gesù per poterlo confessare Signore.