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 2019  luglio 13 Sabato calendario

Per Greenaway esplorare lo spazio è sbagliato

Un visionario, un sognatore, ma anche uno spirito polemico, con opinioni spesso controcorrente: Peter Greenaway – regista di film cult, pittore, performer – è l’artista perfetto per commentare senza retorica lo sbarco sulla Luna.

Con quale spirito affronta le celebrazioni del mezzo secolo dal primo sbarco?
«Penso che l’esplorazione spaziale sia stata e sia tuttora un disastro. Come del resto le operazioni di conquista compiute qui sulla Terra: pensi ai nativi nordamericani, ai maori, agli aborigeni in Australia».
Ma a lei, così sensibile al fascino dei mondi lontani dalla banale quotidianità, davvero non interessano le esplorazioni dell’universo?
«Esplorare forse, conquistare no. Anzi, sa che le dico? Sono contrario anche all’esplorazione. Se dovessimo scoprire forme di vita aliene nell’universo, ci sono molte probabilità, al contrario di quanto dice la fantascienza, che siano inferiori a noi come intelligenza. Per questo temo che la nostra scoperta significherebbe la fine di quelle creature. Se poi al contrario fossimo noi a essere scoperti da qualcuno, avverrebbe l’opposto: loro superiori, noi inferiori, noi estinti. È una situazione lose-lose, in cui si perde comunque».
Torniamo però alla Luna, cioè a un satellite sicuramente privo di popoli da conquistare: non crede che averci messo piede sia stato un sogno collettivo diventato realtà?
«In un certo senso lei ha ragione: il mio punto di vista, me ne rendo conto, è profondamente impopolare. Ma non lo cambio: credo che per andare sulla Luna abbiano solo sprecato miliardi. In fondo, però, ben ci sta. Vogliamo giocare a fare Dio? Io diffido delle mitologie, le peggiori illusioni dell’uomo. Per questo anche della Luna non vedo il sogno realizzato, ma il lato oscuro».
Quindi se le regalassero un biglietto omaggio per un viaggio lunare lo rispedirebbe al mittente?
«Mi piace viaggiare e adoro farlo, ma soprattutto con l’immaginazione. Se potessi, starei volentieri anche fermo. Viaggio soprattutto per lavoro, conosco tutti gli aeroporti del mondo, un privilegio del mestiere, vedo tanti posti. Il genius loci è importante per me: ogni posto ha un suo carattere. Ma la Luna, anche la Luna ne ha uno? Chissà... Quello che sembra certo è che l’universo è in continua espansione, maledetto lui!».
E questo la angoscia?
«Io dipingo da quando ho 13 anni, il cinema è venuto molto dopo, e già allora ero ansioso vedendo che tutto sempre cambia, cambia, cambia, panta rhei.Per questo avevo voglia di fermare le cose, come fanno i pittori, e ne ho voglia anche oggi: la Luna può attendere».