La Stampa, 12 luglio 2019
Le principesse sparite e altri cadaveri volanti
«Non c’era nulla, nulla, neanche le principesse». Pietro Orlandi non si aspettava di trovare due tombe vuote quando ha chiesto di accedere al luogo nel quale qualcuno – non un anonimo, ha precisato l’avvocata di famiglia Laura Sgrò – aveva suggerito potessero trovarsi i resti che va cercando da anni. Da quando sua sorella Emanuela è scomparsa, il 22 giugno 1983. Da allora, da quella sera in cui le sue amiche la lasciarono alla fermata dell’autobus, è stato un susseguirsi di notizie mai vere e mai false. Sono stati millantati coinvolgimenti della banda della Magliana, legami con il caso Calvi e le vicende di Paul Marcinkus, l’arcivescovo americano segretario dello Ior. Su quello che le fosse capitato si sono espressi Ali Agca, l’attentatore di Giovanni Paolo II e l’esorcista padre Amorth. Abbiamo saputo che era viva e se la spassava in una villa in Francia, che era diventata pazza ed era stata rinchiusa in un manicomio inglese, che era morta in un orgia di pedofili o uccisa per denaro. Il suo corpo era stato gettato in una betoniera a Torvaianica, o inumato insieme a quello di Enrico De Pedis detto Renatino, appartenente alla Banda della Magliana e inspiegabilmente sepolto nella Basilica di Sant’Apollinare.
L’illusione
Pietro Orlandi è convinto che, in tutto questo girare a vuoto, ci stiamo però avvicinando alla soluzione. O almeno al centro nevralgico, che si troverebbe nel luogo più inaccessibile e misterioso del mondo: lo Stato Vaticano. Da lì veniva anche quest’ultima soffiata, che conduceva al cimitero teutonico. Cercate lì, aveva detto qualcuno. Nella Tomba dell’Angelo, dove riposa la principessa Sophie von Hohenlohe, morta nel 1836, e nella attigua tomba della principessa Carlotta Federica di Meclemburgo, morta nel 1840. Era presente all’apertura Giovanni Arcudi, uno dei maggiori esperti di antropologia forense, professore di Medicina legale all’Università Tor Vergata. Che nei giorni scorsi aveva spiegato cosa avrebbero fatto di quelle ossa, quanto tempo ci avrebbero messo a riconoscerle, che cosa avrebbero potuto rivelare. Ma quando hanno aperte le tombe, non hanno trovato niente. Nulla, neanche le principesse. Non sappiamo che fine abbiano fatto. Sono state profanate? La morte è insopportabile e il suo mistero una tentazione. Cosa accade là dentro, è possibile che quello che siamo stati – tutto l’amare, il conoscere, la bellezza e l’intelligenza – diventi soltanto carne che si disfa piano, capelli e unghie rinsecchite, ossa spolpate? Sembra proprio di sì, ma qualcuno non si rassegna, fruga, apre, richiude. Forza il mistero della fine, pretende di controllare.
Corpi scomparsi
In un magnifico romanzo uscito un paio di anni fa, «Lincoln nel Bardo», George Saunders raccontava del lutto inestinguibile di Abraham Lincoln, presidente degli Stati Uniti, per la morte del figlio undicenne, ucciso dal tifo. Incapace di fronteggiare il dolore, Lincoln, una notte, scoperchia la sua tomba. E prende in braccio quel che resta di suo figlio. Solo l’evidenza del corpo senza vita rende reale la morte. Oppure si tratta di dolo, qualcuno che vorrebbe lucrare sul cadavere. Qualche anno fa fu rapita la salma di Mike Bongiorno, qualcuno chiese un riscatto alla famiglia. Fu ritrovata, a differenza di quella di Serafino Ferruzzi, mai restituita perché i Gardini non cedettero al ricatto. Qualche anno dopo sparì anche la bara che conteneva i resti di Enrico Cuccia. I rapitori, due tipi imbranati uno dei quali era soprannominato Crodino, avevano scelto un furgone troppo piccolo e dovettero mimetizzare la bara con un panno, poi sbagliarono numero e telefonarono a un altro Cuccia, convinti che fosse il figlio del morto. Furono individuati in un paio di giorni, alla polizia bastò appostarsi davanti alla cabina telefonica dalla quale continuavano a chiamare, sempre più nervosi.
Ci son corpi che scompaiono dalle tombe per ragioni politiche, come quello di Evita Peron che, imbalsamato, vagò per ventiquattro anni prima di trovare sepoltura. Oppure era solo l’ennesima falsa pista. E allora forse un giorno, se Pietro Orlandi non si arrenderà come sembra non avere intenzione di fare, troveremo quella giusta, e i resti di sua sorella Emanuela. Ma le due principesse? Senza più alcuna eredità di affetti, senza neanche un’ipotesi criminale, chi avrà voglia di sapere che fine hanno fatto? —