il Giornale, 12 luglio 2019
Biografia di Carlos Slim Helu
La prima buona azione l’ha fatta quando aveva 12 anni. In realtà l’ha comprata ed era un buono del Tesoro. I suoi amici giocavano a pallone, lui con i soldi, e la differenza è che adesso, quasi 70 anni dopo, lui è tra gli uomini più ricchi del mondo. E quei buoni sono diventati un patrimonio attuale di oltre 60 miliardi di dollari. Che è stato nel corso degli anni anche più cospicuo.
Carlos Slim Helu non è solo l’uomo più potente del Messico. È il Messico. Controlla la America Movil, e dunque le telecomunicazioni del Paese, ma anche costruzioni, miniere, aziende strategiche. E poi, come sempre accade in America Latina, tutto si intreccia con la politica. Ma soprattutto Slim ha un legame stresso con una delle organizzazioni più chiacchierate del mondo, i Legionari di Cristo, fede e denaro in parti uguali, «l’alito di Satana» ha scritto qualcuno, che ha percorso il Vaticano e i cui troppi segreti sono stati portati nella tomba da padre Marcial Maciel Degollado. Il cavaliere oscuro di una storia terribile che vede il miliardario sullo sfondo. Anche se Slim non ha certo l’alito di Satana, ma il volto del capitalista umano.
E dunque: quei buoni del Tesoro del 1952 sono diventati una fortuna, grazie allo spirito per gli affari trasmessogli dal padre: «L’ottimismo di un’azienda dà sempre i suoi frutti» diceva, e Slim ha trasformato tutto questo in un decalogo che è diventato il manuale del business perfetto. Ottimismo, ovviamente con la giusta dose di spregiudicatezza. Se da una parte a lui non piace apparire infatti, dall’altra lavora dietro le quinte per conquistarsi il mondo. E dunque amante dell’arte (nella sua collezione, per dire, ci sono una serie di capolavori di Leonardo da Vinci, quadri di Tiziano, Tintoretto, Rubens, Dalí, Modigliani, Chagall, Miró, Renoir e Van Gogh) e filantropo, con i suoi investimenti da miliardi di dollari per l’educazione, l’ecologia e il microcredito. Però ovviamente uomo col senso degli affari, guidato all’inizio da amicizie giuste che sono diventate il mezzo per moltiplicare il suo conto in banca. Per dire: quando negli Anni Novanta acquistò la Telmex, prima ancora di America Movil, quell’investimento poi gli si è moltiplicato 50 volte. E questo grazie all’amicizia con l’allora presidente Carlos Salinas De Gortari, che era favorevole a un capitalismo alla messicana. Capitalismo che poi si è tradotto praticamente in una sola persona: Slim, appunto.
Allora, seguendo le sue regole, l’uomo più ricco del Messico è diventato uno dei padroni dela Terra. Ha provato anche ad arrivare qui da noi, in uno dei tanti capitoli delle vicende Telecom, nel frattempo si è anche preso un pezzo del New York Times, diventando il socio con la maggiore quota di capitale, il 17 per cento: «Il Signor Slim non si è mai occupato della linea editoriale», hanno sempre specificato i vertici di una delle aziende media più famose al mondo. Ed in effetti anche in questo caso è sempre stato nell’ombra, fino a quando nel 2018 ha rivenduto parte delle sue quote realizzando un guadagno del 75 per cento. Milioni di dollari, ovviamente. Ma come fa? Ci sono le regole, si diceva: quella zero è non avere un computer e segnarsi tutto sui dei libri mastri. E le altre nove che vanno oltre il semplice ottimismo. Per esempio: avere strutture semplici e organizzazioni con livelli gerarchici minimi e flessibilità e velocità; mantenere l’austerità in tempi di vacche grasse; essere sempre attivi nell’ammodernamento; non sentirsi grande in un piccolo recinto; lavorare in squadra; reinvestire i profitti (perché il denaro che esce dall’azienda evapora); applicare la creatività imprenditoriale per risolvere i problemi dei Paesi con le fondazioni; ricordarsi che tutti i tempi sono buoni per coloro che sanno come lavorare; sapere che la ricchezza è temporanea e il futuro è il nulla. Consigli da tenere ben a mente, nel caso si voglia far funzionare davvero un business: «Il denaro non è un obiettivo. L’obiettivo è quello di far crescere, sviluppare, essere competitivi in diversi settori. Essere efficienti per avere un grande team umano all’interno dell’azienda». Perché l’uomo è tutto, al servizio di Dio e della famiglia.
Slim, cristiano maronita, è stato sposato con Soumaya Domit per 32 anni: lei è morta nel 1999, lui le ha dedicato un museo. Ha sei figli, tre dei quali lavorano in azienda: tutti hanno studiato nelle scuole gestite dai Legionari di Cristo e lo stesso magnate è uno dei finanziatori della congregazione che ha imbarazzato i vertici della Chiesa. Maciel, figlio di agricoltori, la fondò negli Anni Quaranta per contrastare il governo anticlericale del Paese. Oggi è sepolto in una anonima cappella di famiglia, dove dicono che si senta l’alito di Satana. «Era uno strano bambino» raccontò di lui suo padre una volta. «Se fossero un gruppo economico si racconta dei Legionari sarebbero il più potente al mondo». Di sicuro il potere di Maciel ha sfondato le centinaia di miliardi di dollari. E la sua organizzazione è arrivata ad espandersi in 22 Paesi del mondo, con migliaia di sacerdoti e seminaristi e perfino 3 vescovi. Alla sua morte, avvenuta nel 2008, la sua figura era stata già travolta dagli scandali, con diverse denunce di abusi sessuali finite sotto il tappeto, una vita dissoluta (si dice avesse diversi figli) e la condanna di papa Benedetto XVI per «atteggiamenti gravissimi e immorali». Eppure i Legionari sono ancora fortissimi, soprattutto in Messico: Papa Francesco li ha commissariati con dei vertici gesuiti e ha poi concesso loro l’indulgenza, Slim compreso. Si dice che esista un archivio segreto che farebbe tremare il Vaticano. Di sicuro non Carlos.
Il quale ha spiegato che il segreto del suo successo è molto semplice: «Da sempre le settimane di lavoro più corte hanno rappresentato la chiave del progresso. E più avanza la tecnologia e la conoscenza, meno ore si lavorano. Però è importante che la gente non si ritiri a 50, 60 o 65 anni, per non sprecare l’esperienza. Ma si deve lavorare tre soli giorni alla settimana, non di più. Questo per creare spazio ai giovani». Geniale, forse. Ma d’altronde, come dice lui, «l’imprenditore è come un’artista: non smette mai di pensare». Soprattutto se sei un Legionario e sai come ti definiscono. L’imprenditore di Dio.