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 2019  luglio 11 Giovedì calendario

I giuristi di Palazzo Chigi fanno a pezzi l’autonomia

L’ appuntamento è per questa mattina, e non sarà risolutivo. A Palazzo Chigi il premier Giuseppe Conte, i vice e i ministri interessati si riuniranno di nuovo sull’auto nomia. “Serviranno 3-4 riunioni, ma alla fine chiudiamo”, avvisa Matteo Salvini. Tempi che si scontrano con una realtà assai ostica. La più importante riforma istituzionale della storia repubblicana, che il leader del Carroccio ha promesso all’anima nordista del partito, è al palo. Le distanze tra Lega e M5S restano intatte: così come sono, le bozze d’intesa firmate il 15 maggio dal ministro per le Autonomie Erika Stefano (Lega) con Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna sono indigeribili per i pentastellati, ma pure assai pericolose per la tenuta dell’unità nazionale. I giuristi di Palazzo Chigi, per dire, le hanno già fatte a pezzi. E non sono gli unici. IERI È TOCCATO a ll ’U f f ic i o parlamentare di bilancio, l’a uthority dei conti pubblici. In audizione alle Camere, il consigliere Alberto Zanardi, massimo esperto di federalismo fiscale, ha spiegato che “il sistema di finanziamento delle competenze aggiuntive previsto dalle bozze presenta elementi contraddittori che suscitano preoccupazioni per i possibili rischi sia sulla tenuta del vincolo di bilancio nazionale sia sulla garanzia della solidarietà interregionale”. L’analisi dell’Upb riguarda le bozze uscite a febbraio, ma i meccanismi finanziari sono confermati in quelle di maggio. In sostanza prevedono che insieme alle sterminate competenze richieste dalle Regioni (23 dalla Lombardia, 20 dal Veneto e 16 dall’Emilia Romagna) vengano trasferite dallo Stato anche le risorse per farvi fronte. Inizialmente avverrà in base alla spesa storica, poi andranno fissati i fabbisogni standard da una commissione paritetica Stato-Regioni. Il tutto deve avvenire senza nuovi oneri per lo Stato. Il guaio è che non è previsto un sistema perequativo per redistribuire il maggiore gettito che dovesse registrarsi nelle regioni autonome. Con l’inva – rianza finanziaria significa che le altre Regioni, specie al Sud, prenderanno meno, senza più “tutela degli obiettivi di uniformità delle prestazioni su base nazionale”. Secondo l’Upb, in sostanza, è impossibile tenere insieme l’autono – mia differenziata, così come chiesta dalle tre Regioni, la tenuta dei conti pubblici e la solidarietà nazionale. Il Parlamento, poi, dovrebbe ottenere “tutte le informazioni necessarie sulle implicazioni finanziarie delle intese”, per questo è “inadeguato” delegare tutto alla commissione Stato-Regioni. Senza dimenticare che nelle intese non vengono fissati i criteri per l’acc esso a l l’autonomia e questo “p otrebbe comportare rischi di peggioramento delle prestazioni, deficit nei bilanci regionali, squilibri territoriali, conflitti di competenze, e rendere necessario un rafforzamento delle procedure ex post di riconoscimento dell’e ve nt ua le ‘fallimento’delle Regioni nella gestione delle materie aggiuntive e di conseguente riconduzione di tali materie sotto la responsabilità statale”. È la seconda stroncatura al progetto leghista dopo quella del Dipartimento Affari giuridici di Palazzo Chigi del 19 giugno. Un documento di 12 pagine che smonta i contenuti delle intese: si va dai rilievi sulla costituzionalità al rischio, vista la mole di competenze richieste, di creare nuove regioni a Statuto speciale fuori da ll ’alveo della Carta, fino ai rilievi economici. La tesi è la stessa dell’Upb: le intese finirebbero per aumentare la spesa pubblica e/o per penalizzare le regioni del Sud. Per questo è “ineluttabile”che passino al vaglio del Parlamento. LA LEGA ha ceduto sul coinvolgimento delle Camere, ma è l’unico vero punto di intesa con i 5 Stelle, che considerano imprescindibile un fondo perequativo e la fissazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) per evitare che aumentino i divari territoriali. “È un principio sacrosanto che ci permetterà di fare un’autono – mia ‘light’”, ha attaccato ieri Di Maio. Sulle competenze lo scontro più grosso è sull’istru – zione, che Veneto e Lombardia vogliono tout court. Per il M5S non se ne parla. I tempi si allungano, e ai 5 Stelle non dispiacerebbe se il tutto slittasse a settembre. Anche l’Authority dei conti stronca l’autonomia leghista N