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 2019  luglio 10 Mercoledì calendario

Luca Parmitano riparte per lo spazio. Intervista

Saranno 203 giorni molto sfidanti. «Saremo impegnati in oltre 250 esperimenti, molti dei quali per capire quali e quanti problemi può creare la lunga permanenza in orbita al corpo umano». Luca Parmitano, astronauta italiano dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea, è pronto per la seconda missione. La sua navicella, la Sojuz MS 13, sta per essere trasportata alla rampa di lancio «Gagarin», alla base kazaka di Bajkonur. Solito rituale, soliti riti scaramantici, compreso lo «schiacciamento» della monetina sui binari del convoglio che trasporta il razzo vettore Sojuz alla piattaforma per il lancio, in programma per il pomeriggio del 20 luglio.
Data-simbolo, nel giorno del 50° anniversario dello sbarco umano sulla Luna. «Sì, è davvero una coincidenza straordinaria - ci dice Luca Parmitano, in collegamento da Houston e in partenza per Mosca -. Già al momento della selezione sapevamo che la missione sarebbe partita nel 2019. E la partenza il 20 luglio aggiunge altri significati. Anche lo stemma della missione guarda alla Luna sia in termini di esplorazione futura sia per celebrare quel grande evento nella storia dell’umanità».
Lei è nato sette anni dopo l’Apollo 11: non ha vissuto lo sbarco, ma conosce ogni dettaglio: è così?
«Certamente. Per un appassionato di spazio come me, fin da bambino, quell’impresa è sempre stata un’icona di cultura e storia e non solo di scienza e spazio. Ma è stato eccezionale tutto il programma Apollo».
La sua missione, invece, si chiama «Beyond», «oltre». Perché questo nome?
«Guardiamo oltre l’orbita terrestre in cui ci troviamo con la Stazione Spaziale Internazionale. E infatti il riferimento nello stemma è di noi che dal casco guardiamo verso la Luna e Marte. Una proiezione al futuro, che si sposa alla perfezione con gli obiettivi di Esa e Nasa. E di molte altre agenzie spaziali».
Il ritorno alla Luna è vicino, nel 2024, e c’è il progetto della stazione cislunare, a cui l’Europa parteciperà. Lei si candiderà?
«Mai smettere di sognare! Sono arrivato alla mia seconda missione di lunga durata. Ho 42 anni e voglio continuare a fare l’astronauta. Naturalmente una missione attorno alla Luna sarebbe fantastica. Ma per adesso penso solo alla mia prossima missione».
Sulla Stazione sarà comandante, nella seconda parte della missione di sette mesi: che responsabilità avrà?
«Non sarà un ruolo per impartire ordini. Sarò il coordinatore di un team per facilitare il più possibile il lavoro dei miei compagni, con l’obiettivo di far sì che il nostro lavoro raggiunga il massimo dei risultati».
Chi sono i suoi due compagni sulla Sojuz?
«Il comandante russo Alexander Skvortsov e l’americano Andrew Morgan: gli ultimi dettagli del nostro addestramento hanno previsto le manovre di attracco con il segmento russo della Stazione».
Lei sarà seduto sul sedile di sinistra, come primo ingegnere di bordo: è così?
«E’ una postazione, come avvenne nella mia missione precedente, che mi piace molto. Perché è quella di chi conosce tutto sulla Sojuz. Mentre il comandante ha il ruolo di pilotare e governare il veicolo, il mio è quello di interpretare tutto e al meglio il funzionamento della navicella».
In orbita su quali esperimenti vi concentrerete?
«Lavoreremo su 250 esperimenti, molti dei quali europei, e sei dei quali italiani con il coordinamento dell’Asi, l’Agenzia spaziale italiana, e il contributo di enti di ricerca e università italiane. I settori sono il sistema neurologico e neurovestibolare. In passato le ricerche in orbita erano più concentrate sul sistema osseo e scheletrico. Oggi sappiamo che le lunghe permanenze possono creare problemi e quindi vogliamo capire come gestirli e come migliorare la vita dell’uomo nello spazio. Anche per le future basi lunari e i viaggi su Marte».