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 2019  luglio 10 Mercoledì calendario

L’estremismo ecologista di Stella McCartney

Ai dolci sedici anni di Greta Thunberg si possono perdonare alcune ingenuità adolescenziali, ma di fronte all’esperienza di una donna di talento e di successo come Stella McCartney si abbassa la soglia della tolleranza. Se Greta non prende l’aereo, perché crede, così, di contribuire a non surriscaldare l’atmosfera, ce ne curiamo poco perché tutto sommato è normale che una teenager, impegnata in una meritoria battaglia globale di presa di coscienza del pericolo che corre il pianeta, sia animata da un certo radicalismo spontaneo e innocente. Meno persuasiva e più grottesca è invece la posizione integralista della stilista inglese, militante vegana e animalista del lusso, che in un’intervista, in risposta a una domanda alquanto bislacca della giornalista del Guardian («che cosa pensa del lavaggio a secco?») ha detto che «la regola generale nella vita è che se non sei obbligato a lavare qualcosa, meglio non lavarla». McCartney ha elaborato il concetto, spiegando che personalmente non cambia tutti i giorni il reggiseno e, inoltre, che non mette gli abiti in lavatrice per il solo fatto di averli indossati una volta: «Sono una persona molto igienica - ha specificato - ma non sono amante delle tintorie o dei lavaggi dei vestiti in generale». Nessuno, in effetti, ama fare il bucato e figuriamoci stirare, ma il precetto di Stella McCartney pare sia una lezione imparata durante la sua esperienza lavorativa a Savile Row, il tempio sartoriale di Londra, dove secondo la stilista inglese vige la regola che i vestiti cuciti a mano non si lavano, non si toccano, ma si lascia che lo sporco si secchi da solo e poi lo si spazzoli via. Un problema elitario, da abitanti privilegiati del primo mondo, perché risulta già meno accettabile lasciare la macchia di sugo sulla camicia da impiegato o dimenticare sa il diavolo che cosa sui panni sporchi dei bambini. 
Suggerire di non lavare i vestiti, in ogni caso, è una forma di estremismo sterile, stravagante e controproducente perché fa il gioco di chi nega che esista un problema ecologico serio. Se il dibattito pubblico si concentra sulla necessità di non cambiarsi quotidianamente il reggiseno e altre simili sciocchezze, mettendo in secondo piano l’impatto dei cambiamenti climatici sulla società e sull’economia, a cominciare, come ha fatto notare di recente l’Economist, dalla nascita di nuovi conflitti armati causati dalla proliferazione di siccità e carestie, si danneggiano le ragioni reali dell’ambiente che a parole si dice di avere a cuore.
Nell’epoca dei negazionisti del surriscaldamento terrestre che confondono il meteo con il clima, come Donald Trump, e di nuove e vecchie potenze industriali, politiche e militari che non si curano delle emissioni inquinanti, come la Cina e la Russia, proporre di non prendere l’aereo e di far asciugare naturalmente lo sporco, e poi spazzolarlo via, oltre a essere surreale equivale al tentativo di svuotare il mare con il cucchiaino. Le parole di Stella McCartney, figlia di Sir Paul, arrivano in un momento in cui su questi temi si avverte semmai l’esigenza di non improvvisare e l’urgenza di leader credibili, di proposte concrete e di ragionamenti profondi. We can work it out, cantavano i Beatles, possiamo risolvere questa emergenza. Meglio con i vestiti puliti, però.