Corriere della Sera, 10 luglio 2019
Il calcio fattura 3,5 miliardi
Visti gli sforzi che si stanno facendo in via Allegri, per far rinascere il calcio italiano, è giusto partire dai numeri incoraggianti. Il valore della produzione dei tre campionati professionistici nella stagione 2017-18 ha superato per la prima volta i 3,5 miliardi di euro: la fonte principale continuano a essere i diritti tv, che pesano per un terzo nonostante la flessione dello 0,6%, mentre la crescita più netta è quella che arriva dagli ingressi allo stadio (+22,4%) anche se l’età media dei nostri stadi supera i 61 anni. Altri sorrisi dal rilevante impatto socio-economico del calcio italiano, novità del ReportCalcio realizzato dalla Figc in collaborazione con Arel (Agenzia di Ricerche e Legislazione) e PwC (PricewaterhouseCoopers) e presentato al Senato: risulta pari a 3,01 miliardi di euro.
Poi, però, arrivano anche le criticità: le 86 società non iscritte negli ultimi 10 anni e, su tutte, l’indice di indebitamento del calcio italiano, che sfiora i 4,27 miliardi di euro (+6,4% rispetto allo scorso anno) e un peggioramento del risultato netto che tocca i 215 milioni. «Bisogna però fare una distinzione – spiega il sottosegretario con delega allo sport, Giancarlo Giorgetti —. L’indebitamento di un club che costruisce il suo stadio è sostenibile; quello per comprare un giocatore da 120 milioni, meno. Non è tutto oro quel che luccica nel calcio italiano: se ci fosse un commissario dell’Unione Europea a valutare il sistema calcio, il rapporto debito/Pil sarebbe del 120%».
Resta il «ruolo fondamentale giocato dal calcio italiano, il principale sistema sportivo italiano», come sottolineato dal presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina. «All’interno del Coni incidiamo per il 24% di tesserati e per il 22% di società affiliate (1,4 milioni di tesserati e 28 milioni di tifosi, ndr). E negli ultimi 11 anni abbiamo versato 11,4 miliardi di euro al Fisco, ricevendo 749 milioni: per ogni euro che il Governo ha investito nel calcio, ha ottenuto un ritorno di 15,2 euro».
Altro tema caldo, il professionismo delle calciatrici, aumentate negli ultimi dieci anni da 19.000 a 26.000 (+39,3%). Gravina ha prima risposto al sottosegretario Valente («Dire che esiste già una legge è un gravissimo errore di interpretazione. La legge c’è, ma è del 1981...»), poi ha ribadito l’iter da seguire: «Sì al professionismo, ma che sia ponderato. Parlare di semi-professionismo nel femminile non è un atto di sudditanza o svalutazione del ruolo».