Corriere della Sera, 10 luglio 2019
Disney ha scelto una sirenetta nera
WASHINGTON Non c’è tregua neanche per la Sirenetta. La Walt Disney ha scelto l’attrice e cantante afro americana Halle Bailey, 19 anni, per il ruolo di Ariel, la protagonista nel nuovo film ispirato alla favola del danese Hans Christian Andersen. Subito sui Social si è formata la fazione del «no alla Sirenetta nera», con gli hastag «NotMyAriel» e «NotMyMermaid».
Un caso minore rispetto alle grandi questioni del Paese? O un segnale di quanto sia facile attizzare lo scontro ogni volta che entra in gioco il colore della pelle? Sta di fatto che la polemica corre sulla rete. Il Washington Post ha raccolto alcuni dei tweet «d’opposizione», scartando i più beceri. «Lasciate in pace i classici, se qualcuno vuole una principessa di etnie differenti, di altri colori eccetera, ebbene che scriva nuovi racconti». Oppure: «Vogliamo una rappresentazione accurata di Ariel». Ancora: «C’è stato un enorme problema sul Re Leone (altro film di successo della Disney) per avere un cast africano, non è vero? Bene adesso abbiamo un enorme problema perché Ariel non è “ginger”, non è fulva al punto giusto». Il riferimento è al cartone animato del 1989, la prima versione cinematografica della Disney. Ariel, la Sirenetta, è una creatura con una lunga chioma rossa, carnagione chiara, quasi trasparente, occhioni blu, grandi ciglia, un reggiseno fatto di conchiglie e la coda da pesce verde smeraldo. Breve ripasso della storia: la Sirenetta, figlia del Re Tritone, vive nei fondali. Quando compie quindici anni ottiene il permesso di salire in superficie e dare un’occhiata al resto del mondo. Incrocia una nave comandata da un principe bellissimo. Si innamora all’istante e comincia a sognare di diventare un essere umano per poterlo sposare. Ariel chiede aiuto a una Strega che le prepara una pozione magica: perderà la coda da pesce, ma anche la sua voce incantevole. Nel testo originale di Andersen finisce male: la Sirenetta non riuscirà a unirsi con il suo principe e si dissolverà come schiuma nel mare. Per lo scrittore danese la ragazza è un simbolo dei sogni impossibili e dei desideri incompiuti. E i suoi concittadini se ne ricordano ogni volta che passano davanti alla statua del pesce-donna collocata all’ingresso del porto di Copenhagen.
Nell’adattamento della Disney, invece, il lieto fine è assicurato. Nessuno, però, nel 1989 contestò la sostanziale deviazione dalla «morale» più profonda contenuta nel testo originale del 1837.
Ecco perché ora questa accesa difesa dell’«autenticità» della Sirenetta appare un po’ falsa, un po’ ipocrita. Sui Social molti hanno liquidato le critiche semplicemente come «razziste». E dopo qualche giorno di riflessione, la Walt Disney ha deciso di rispondere con un post su Instagram firmato da Freeform, un canale tv del gruppo. È una «lettera aperta alle povere e disgraziate Anime». Comincia così: «L’autore della Sirenetta era danese... Ariel vive sott’acqua, ma, per amore della discussione, diciamo che era danese pure lei... Ebbene le Sirenette danesi possono essere nere, perché i danesi possono essere neri... e i danesi neri, così come gli abitanti del mare, possono avere “geneticamente” i capelli rossi. Ma in ogni caso Ariel è un personaggio di fantasia e se tu non riesci ad accettare la scelta dell’incredibile, sensazionale, talentuosa e meravigliosa Halle Bailey... solo perché “non è uguale al cartone animato”, beh allora, ragazzo mio, ho una notizia per te... che riguarda te», cioè i «tuoi» pregiudizi.