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 2019  luglio 10 Mercoledì calendario

Periscopio

Le ultime Europee che assetto hanno fotografato? Con le ultime Europee la cosiddetta «post-politica» dei Cinque Stelle è stata ridimensionata. Il Paese si riassesta su un bipolarismo destra-sinistra, ma zoppo. C’è uno squilibrio a favore della destra. Massimo D’Alema (Vittorio Zincone). Sette.Chi viaggia si espone a dei rischi, solo se stai sempre a casa non ti capiterà mai niente, tranne un libro che ti casca in testa perché lo scaffale è messo male. Alberto Angela, divulgatore scientifico in tv (Elvira Serra). Corsera.
Adesso ho più chiaro perché sto scrivendo questo libro… per rendere in qualche modo omaggio postumo a mia nonna, e con lei alle migliaia di maestre che, grazie alla propria fatica, giorno dopo giorno, hanno visto accendersi in tanti dei loro piccoli scolari la luce dell’interesse e dell’intelligenza, la passione di apprendere, il piacere della lettura, il gusto del sapere. Ernesto Galli della Loggia, L’aula vuota. Marsilio, 2019.
Quando aprì la porta dell’attico al Gianicolo, Carlo Verdone fece un inchino, pregandomi di entrare. Con un cenno silenzioso mi invitò a precederlo nell’ampio salotto. Raggiunti i divani fece un gesto circolare perché scegliessi quello che preferivo e si inchinò di nuovo. Soggiogato dalla sua cerimoniosità, mi inchiodai anch’io. Sembravamo due dignitari cinesi. Carlo Verdone (Giancarlo Perna). LaVerità.
Adesso Milano è fichissima e bullizzante il resto d’Italia, tutto un lavorio di investimenti, parchi, rigenerazioni. Milano, e ’sta Triennale, la sua nuova cattedrale. Il nuovo museo del design. Lorenza Baroncelli, romana, direttrice della Triennale di Milano (Michele Masneri). Il Foglio.
Per fare un rimpasto bisognerebbe individuare almeno un paio di ministri a 5 Stelle sacrificabili sull’altare leghista: la responsabile della Difesa, Elisabetta Trenta, e lui, Toninelli. Che, perciò, ha deciso di sparire. Mettendo su un piano che, più o meno, dovrebbe funzionare così: me ne sto zitto zitto e buono buono, e quelli magari si dimenticano di me. Solo che l’altro giorno, prima di iniziare il consiglio dei ministri, Salvini ha chiesto ad alta voce: «Scusate: qualcuno sa dirmi dov’è Toninelli?». Fabrizio Roncone. Sette.
Italo Zingarelli, il direttore del Globo, quotidiano della Confindustria, mi convinse che dovevo impratichirmi in economia. A Paese Sera mi davano 500 lire a pezzo. Invidiavo chi indossava i primi montgomery: io avevo un cappotto ricavato da una coperta americana tinta di marron con il Super-Iride. Al Globo fui preso come caposervizio a 250 mila lire al mese. Così potevo aiutare sottobanco mia sorella e mio padre, ormai prossimo alla morte. Un giorno lei gli svelò quanto guadagnavo. «È la fine dei tempi!», esclamò papà. Aveva fatto il medico gratis per tutta la vita, accontentandosi di cinque uova o un pollastro. Pasquale Laurito, direttore de la Velina Rossa (Stefano Lorenzetto, scrittore). Corsera.
Al posto del libro, del concetto, del ragionamento abbiamo messo la notizia, l’attualità, la battuta, l’immagine, il clic, il «mi piace». Di conseguenza ci sono solo progressi nel campo tecnico, perfezionamenti di cose esistenti oppure robot, algoritmi per ridurre la manodopera, per abbassare i costi, per vincere la concorrenza, per avere un utile economico nel breve termine. Per questo motivo non possono esserci grandi scrittori, grandi registi, grandi intellettuali e nemmeno grandi scienziati. Perché non servono a una società che conosce solo l’utile ed è retta dalla finanza e dal marketing. Francesco Alberoni, sociologo. Il Giornale.
Questa ondata di irrazionalità, ha molte spiegazioni. «Tutte le ideologie stanno scomparendo. Il comunismo è scomparso, il cristianesimo è in grave crisi, il Papa nella Laudato sí invoca quasi una nuova religione. C’è bisogno di religiosità nelle società ricche. C’è un vuoto culturale e l’ecologismo lo riempie. Rèmy Prud’homme, professore merito di economia dell’università di Parigi XII (Giulio Meotti). Il Foglio.
Alfredo Martini, bellissima persona oltre che buon ciclista e ct, mi portò a riflettere sul carattere di Coppi. «Se ci fai caso, in pochissimi arrivi da vincitore, Fausto ha la faccia da vincitore. Sembra quasi uno sconfitto. Oppure un campione appesantito dalla consapevolezza di aver umiliato, più che battuto, tanti ciclisti. Insomma, sembrava scusarsi per essere andato così forte». Gianni Mura. il venerdì.
Come tutti i debutti anche quelli di Luciano Pavarotti e di Mirella Freni non furono facili. Una persona che è stata fondamentale per entrambi fu Herbert von Karajan. La voce di Mirella conquistò Karajan e si sa quanto fosse difficile e selettivo. Si disse perfino che era diventata la sua prediletta, scatenando invidie e pettegolezzi. A soffrirne furono soprattutto Renata Scotto e Giulietta Simionato. Si scatenarono le tifoserie. Mirella fu inondata di lettere anonime piene di minacce e insulti. Milano divenne il luogo dello scontro. Era il dicembre del 1964. E quando finalmente arrivò il giorno della prima della Traviata la tensione e i veleni della vigilia ne avevano minato il corpo e la voce. Fu un disastro generale. Agli applausi della platea reagirono con urla e fischi dal loggione. Mirella, ma anche gli altri cantanti, persero il controllo dei nervi. Per un attimo pensai che non si sarebbe arrivati alla fine. Fu una serata infausta. Che si concluse con la folla, vociante e malintenzionata, che bloccò l’ingresso della Scala. Noi restammo per ore asserragliati all’interno del Teatro. Qualcuno tentò di uscire tra due ali di folla urlanti. Il povero Zeffirelli fu inondato di sputi. Il maestro Karajan venne prelevato e messo in salvo da una camionetta militare. Leone Magiera, maestro di Luciano Pavarotti (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Negli anni Ottanta feci per Pagina un’inchiesta sui rifiuti. Fra le altre cose mi calai nella fogna di Milano, uno stupendo manufatto in mattoni rossi, con arcate, cunicoli, ponti. Oltre a un onesto ma modesto odor di merda, si sentivano, ogni tanto, delle zaffare chimiche. Dopo mezz’ora che ci aggiravamo in quella affascinante città sotterranea, chiesi al tecnico che mi accompagnava come mai non si fosse ancora visto nemmeno un topo. «Sono spariti da parecchi anni. Non tollerano gli scarichi dei laboratori e dei detersivi». Massimo Fini, Una vita. Marsilio, 2015.
Il giornalismo e la povertà hanno strangolato lo scrittore che forse mi abitava, con altri inquilini. Gianni Brera, Il principe della zolla. Il Saggiatore,1993.
I luoghi comuni sono la banalità alla portata di tutti. Roberto Gervaso. Il Messaggero.