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 2019  luglio 10 Mercoledì calendario

La bellezza dell’asino

Nel mondo oggi ci sono 41 milioni di asini. Molti meno di vari decenni fa, quando questo equino era uno dei motori principali dell’attività umana. La meccanizzazione crescente dell’agricoltura, e insieme dei trasporti di merci e persone, ha ridotto l’uso dell’asino, che è diventato uno strumento per il turismo o la pet therapy. L’asino è tuttavia ancora presente in Africa, in Asia, nell’America Latina, nei luoghi più poveri del mondo. La globalizzazione spinge verso la scomparsa di questo animale, nostro compagno da circa 10 mila anni. Per tanto tempo ha trainato roccia e legname, spostato provviste alimentari e merci, girato pesanti macine, trasportato uomini e donne. I paesi che possiedono oggi la maggior parte degli asini sono: Etiopia, India e Pakistan. L’origine del nome non è molto chiara; i suoi primi proprietari, i semiti, lo chiamavano anah, i latini lo menzionavano come asinus. Parente stretto del cavallo, ha generato con lui vari ibridi. I più noti sono il mulo e il bardotto: il primo ha padre asino e madre cavallo, il secondo madre asino e padre cavallo. Entrambi sono sterili. L’asino è soggetto a un doppio regime: prima veniva venerato e valorizzato, poi sminuito e guardato dall’alto al basso. Perché? Senza di lui i commerci negli antichi imperi non sarebbero neppure esistiti. Questo quadrupede ha infatti la prerogativa di resistere alla sete per due o tre giorni, e di riprendersi in breve tempo con modeste quantità di acqua; possiede la capacità di controllare la propria temperatura interna e il metabolismo dell’acqua. Non è un caso che si sia trovato a vivere in zone aride del mondo. Gli asini giunsero in Grecia nel 970-932 avanti Cristo; le pitture che ornano le tombe egizie lo raffigurano mentre trasporta il grano nel 2000 avanti Cristo. Anche nella guerra era indispensabile; ben prima del cavallo ha costituito una sicura cavalcatura per gli uomini che combattevano. Per tutto questo era rispettato; gli si attribuiva pazienza, forza, costanza e dedizione. Poi hanno prevalso gli aspetti opposti: cocciutaggine, ottusità, ostinatezza. “Asino” diventa un epiteto negativo riferito agli stessi esseri umani. In una famosa incisione del 1799 di Goya, appartenente alla serie dei Caprichos, vi compare l’asino: studia il proprio albero genealogico indossando giacca e calzoni, da cui spuntano gli zoccoli. Cos’è accaduto? La risposta non è univoca. Forse hanno influito le orecchie e la coda eretta, collegata alla sua nomea sessuale, ovvero alle grandi dimensioni del pene dell’asino. La studiosa e saggista tedesca Jutta Person ha scritto che le orecchie degli asini sono un prodigio della natura: girevoli, orientabili, possono ruotare anche una sola alla volta e sono incredibilmente versatili; grazie a esse l’asino individua al volo amici e nemici, e manifesta il suo umore. Queste orecchie però sono state motivo di discredito per i teorici della fisiognomica. Mentre il mondo antico aveva messo in luce positivamente la potenza sessuale dell’asino, come mostra Apuleio ne L’asino d’oro, il cristianesimo l’ha desessualizzato facendone un animale umile e paziente, quello che trasporta Gesù nell’entrata in Gerusalemme. Lo si loda come animale saggio e mite, campione di docilità. Una bestia dolente, verso cui manifestare compassione. Nel film di Robert Bresson Au hazard Balthazar (1966), il protagonista è un asino vittima della violenza umana, capro espiatorio e figura cristologica. L’asino è umanizzato come pochi altri animali. Resta sempre latente la leggenda del suo grande appetito sessuale, e per questo nella cultura sessuofobica del Medioevo cristiano viene immancabilmente degradato. Ma non è solo il cristianesimo a farlo. Le altre due religioni monoteiste nate in Medio Oriente – ebraismo e islam – relegano l’asino a un livello inferiore rispetto agli umani. Nonostante si sappia che Maometto aveva un proprio mulo prediletto, e che nel Vangelo è proprio l’asino a portare Maria a Betlemme, e poi in salvo con il Bambino in Egitto. Nella tradizione l’asino figura nel presepe accanto al bue e nella Bibbia si cita l’asina di Balaam, attraverso cui Dio parla; è l’unico animale parlante nel testo sacro oltre al Serpente. Ci sono innumerevoli asini nella letteratura (da Cervantes a Orwell), ma il più famoso è Pinocchio, il personaggio di Collodi, che si tramuta in asino. A lui e a Lucignolo spuntano lunghe orecchie nel Paese dei Balocchi. Immerso in acqua, torna burattino. Un esempio di quella metamorfosi che la natura asinina produce, da Apuleio a Shakespeare: nel Sogno di una notte di mezza estate. Titania s’innamora di Bottom dotato di testa d’asino. Animale misterioso e iniziatico, nonostante la sua famigliarità, possiede una natura duale. Povero asino, e poveri noi che l’abbiamo perso. Cosa leggere. Jill Bough, L’asino (nottetempo) e Jutta Person, L’asino (Marsilio) sulla sua presenza nelle varie civiltà e culture, con riferimenti letterari e pittorici; Asino caro (Bompiani) di Roberto Finzi, storico economico, sulla sua incidenza sulla cultura latina, italiana e popolare; sul fronte filosofico, Giuseppe Pulina e Francesca Rigotti, Asini e filosofi (Interlinea). – 1. Continua