ItaliaOggi, 9 luglio 2019
Periscopio
Ho 54 anni, venti di età e 34 di esperienza. Scritta su una T-shirt.L’intellettuale è convinto che l’arte sia fatta per essere compresa da lui. Peggio quando pensa che sia fatta per il popolo. Eugenio Montale. Corsera, 1951.
La verità di un aforisma era sotto gli occhi di tutti ma nessuno ci aveva guardato. Gesualdo Bufalino, Bluff di parole. Bompiani, 1994.
Siamo tutti in un fosso, ma alcuni di noi guardano verso le stelle. Oscar Wilde, Guida ai grandi aforisti. Odoya, 2018.
La nuova segreteria del Pd non ha il governo dei gruppi parlamentari. Non è nelle condizioni di prendere iniziative politiche impegnative e spregiudicate. Nicola Zingaretti ha ereditato un partito diviso, ancora condizionato, e non in senso positivo, da chi lo ha preceduto. Massimo D’Alema. (Vittorio Zincone). Sette.
L’Italia ha semplicemente colto l’occasione della visita di Stato di Xi Jinping per capitalizzare questo evento sul mercato cinese anche da un punto di vista mediatico. Vogliamo colmare il divario con i concorrenti europei come Francia e Germania che hanno una tradizione consolidata di rapporti con la Cina. Stiamo cercando di vendere meglio il nostro agroalimentare, come le arance, la carne, il vino, ad un consumatore che li conosce poco. Invito semmai Washington a convincere Delta Air Lines ad investire maggiormente su Alitalia, magari con una compagnia cinese. Michele Geraci, sottosegretario allo sviluppo economico, Lega (Fabio Savelli). Corsera.
Se devo intervistare qualcuno, la timidezza non c’è più. Ma quando devo scrivere è rimasta l’ansia, come se fosse la prima volta. Rileggo più volte e mi dico che porcheria, ma non c’è più tempo per correggere. Ho sempre la certezza che potrei farlo meglio, ma forse è un atto di presunzione. Natalia Aspesi, 90 anni, giornalista (Simonetta Fiori). la Repubblica.
Anche nei selfie con panorama su Ponte Vecchio, Matteo Renzi è sempre con quella simpatia un po’ stiracchiata, quel sorriso un po’ forzato in un miscuglio di rancore mai sopito e desiderio di vendetta malcelato (vendetta politica, s’intende). Fabrizio Roncone. Sette.
Giovanni Toti, se vuole rinnovare Forza Italia, credo, e mi risulta, abbia davanti a sé un’autostrada. Se, viceversa, vuole annullare una storia per farsi un partito personale, immagino per lui un sentiero stretto, tortuoso e con sbocco incerto, com’è già capitato a Monti, Alfano, Verdini e Renzi. A lui la scelta. Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale.
Si dice che Salvini parla alla pancia del Paese. È un male perché la pancia spesso borbotta e alla fine esplode. La capacità empatica ce l’ha, non c’è dubbio. Il suo linguaggio molto semplice arriva. Se oggi De Gasperi si affacciasse al balcone non lo seguirebbe nessuno. Esce Salvini, invece, e la gente sta là sotto. Non so se così il Paese cresca culturalmente. Pippo Baudo. (Goffredo De Marchis). la Repubblica.
Urbano Cairo ha un suo metodo di lavoro: «All’autista chiedo di seguirmi e mentre cammino la mia mente elabora. Se non cammino, non penso. Se non penso, non costruisco». Lo stimolo all’azione sono i soldi. Lo scoprì un giorno davanti al lavandino. «Mi stavo lavando le mani», ha raccontato, «ho guardato l’orologio e ho pensato: è passato un minuto. Ecco, ho perso mille euro». Giancarlo Perna. LaVerità.
Cesare Cavalleri, 83 anni, scrittore e critico letterario, numerario dell’Opus Dei, dal 1965 è direttore delle Edizioni Ares e (record di durata per una testata italiana) della rivista Studi cattolici («fino a qualche tempo fa la direzione più longeva del giornalismo era quella di Andrea Spada all’Eco di Bergamo, 51 anni... Da un paio d’anni, in effetti, è la mia»). Luigi Mascheroni. Il Giornale.
Io scrivo vicende di paese ma i miei romanzi vengono letti dall’Ungheria al Giappone. È in corso una traduzione pure in Corea. Ho fatto una ricerca e ho scoperto che Giovannino Guareschi è uno degli autori più ristampati e letti in quei Paesi. Me lo spiego col fatto che c’è di mezzo la curiosità del lettore, soprattutto di chi gira poco e conosce il mondo coi libri. A me, ad esempio, la letteratura giapponese piace un sacco, anche se sulla cartina non so dove sia Tokyo. Andrea Vitali, romanziere (Luca Pavanel). Il Giornale.
Dico spesso: ho scelto di lavorare solo con le belle persone. Le persone competenti sono tante. Io preferisco quelle sincere, che agiscono con il cuore oltre che con la testa. Chiara Cesarin, direttrice dei Musei civici di Bassano del Grappa (Stefano Lorenzetto), Corsera.
Dal 1995 Glenn Lowry è il direttore del Museum of Modern Art di New York, meglio conosciuto come MoMA. Da allora il mondo dei musei è cambiato radicalmente. Da luogo di riflessione il museo è diventato uno spazio d’intrattenimento. Il numero dei visitatori è aumentato drammaticamente e oggi in una delle sale dove è mostrata la collezione permanente del MoMA la sensazione che si prova è simile a quella di un turista in piazza San Marco a Venezia. Francesco Bonami. la Repubblica.
Il mio successo non ha mai innescato la competizione con i miei compagni: quando stavo con Jerry ero una poveraccia. Renzo Arbore invece mi ha fatto scuola: era orgoglioso dei miei risultati. Anche se è vero che quando hai successo cominci a lavorare tanto e rischi, come coppia, di perderti: col senno di poi lavorerei di meno. Mara Venier (Michela Proietti). Corsera.
Il film Lettera aperta a un giornale della sera uscì nel 1970. Si può immaginare il clima politico di allora. Grandi proclami a sinistra e la sensazione che le parole contassero più dei fatti. Un gruppo di tormentati intellettuali decide di scrivere a un importante quotidiano un appello che invita ad andare in Vietnam, allora in guerra contro gli Stati Uniti. E quando il loro proclama viene preso sul serio e sembra che davvero debbano partire, sono presi dallo smarrimento. Ma da Hanoi fanno sapere che non vogliono più l’intervento della brigata internazionale della cultura. Prevale dunque un senso di sollievo. Il film finisce con loro che invece di partire improvvisano con un barattolo una finta partita di pallone. Citto Maselli, regista (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Oggi c’è troppo egoismo. Lo sport indica apertura, la società istiga all’individualismo. Adesso lo sport è professione, spesso imbroglio. L’atletica rimane uno spettacolo, ma non posso non provare un certo distacco. Livio Berruti, campione olimpico di Roma nel 1960. (Enrico Sisti). la Repubblica.
Le mie virgole e i miei congiuntivi hanno un implacabile censore e nemico: mia moglie Roberto Gervaso. Il Messaggero.