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 2019  luglio 09 Martedì calendario

Il fascino del corvo

È difficile immaginare il corvo senza l’aura sinistra che lo avvolge, fatta di neri presagi e misteri iniziatici. Bernd Heinrich, professore emerito di biologia del Vermont, è andato ben oltre la superficie, indagando per una vita non solo sul comportamento degli insetti (e già sarebbe notevole) ma anche sulla varietà più maestosa di questi uccelli, il corvo imperiale. Il frutto delle sue ricerche è stato pubblicato ne La mente del corvo, ultimo parto della straordinaria collana Animalia di Adelphi. Heinrich si è presto reso conto non solo di quanto fosse difficile osservare questa specie, ma anche di come proliferassero testimonianze dei suoi comportamenti, a dir poco, «bizzarri e ingegnosi». La capacità di usare oggetti per smuovere i gabbiani (eterni, candidi nemici) dal loro nido, così come il vizio di lanciare sassi per difendere il proprio nido, sono solo esempi di un carattere imprevedibile. Celebre è il caso di Roa, il corvo di Konrad Lorenz, che aveva preso l’abitudine di rubare biancheria intima femminile appesa ad asciugare per ottenere, in cambio, una ricompensa di cibo. 
I CACCIATORIIl libro di Heinrich svela molti aspetti interessanti di questi animali, spesso associati ai cacciatori, che mangiano vicino ai lupi «non perché costretti» dalla necessità, dalla presenza di una preda inerme, ma per una loro precisa scelta. L’associazione tra lupi e corvi ha alimentato altre leggende; ma nella storia umana questi ultimi hanno sempre presentato un doppio simbolismo, legato a saggezza e preveggenza, così come a morte e distruzione. Celebre è la poesia di Edgar Allan Poe, in cui il pennuto smarrito, attirato dalla luce di una lampada, entra nella casa di uno studioso e continua a dire ossessivamente nevermore, mai più. La ripetizione evoca incubi, come nel caso di Shining: la frase scritta all’infinito da Jack Torrance (nel film di Kubrick, Jack Nicholson). Il mattino ha l’oro in bocca è un sinistro presagio di ciò che seguirà (in inglese suona diversamente, ma l’effetto è il medesimo: All work and no play makes Jack a dull boy).
Di certo, la fama lugubre del corvo è anche legata alla sua evoluzione «in stretta associazione con carnivori intelligenti e potenzialmente pericolosi»; quindi lupi, ma anche esseri umani primitivi, come sottolinea Heinrich. Secondo le saghe nordiche, Odino aveva sembianze umane, ma era anche un essere imperfetto: per compensare la sua debole vista (aveva un occhio solo), il padre degli dei ricorreva a una coppia di corvi, Hugin (il pensiero) e Munin (la memoria). 
Per Zoroastro, era simbolo benefico, di purezza, che dissipava la corruzione. Il primo grado iniziatico del culto solare di Mitra era definito corvus; e secondo la mitologia greca questo animale era messaggero di Helios e di Apollo, e collegato a Crono, il dio del tempo; non a caso furono dei corvi a predire la morte di Platone, di Tiberio, di Cicerone.
Esopo immagina il corvo come un uccello vulnerabile ai complimenti della volpe; ma di certo, dai tempi della poesia di Poe che tanto piacque a Charles Baudelaire (autore di una traduzione in francese), il corvo è stato ingrediente centrale di molte opere letterarie. In Desperation, Stephen King immagina una donna prendere le sue sembianze e attaccare mortalmente il marito; in Barnaby Rudge di Charles Dickens c’è il personaggio di Grip the crow (che pare abbia ispirato lo stesso Poe); nella saga dedicata a Il Trono di Spade di George R.R. Martin, i corvi sono guardiani della notte, umani votati alla castità e designati a difendere l’ultimo avamposto verso il Nord.
L’ERRORE FATALEMa è con il cinema che il simbolismo sinistro di questo animale raggiunge il suo apice. Proprio 25 anni fa (per la precisione, l’11 maggio) uscì negli Usa un film veramente maledetto, Il corvo di Alex Proyas, in cui trovò la morte a soli 28 anni Brandon Lee, per un banale errore durante le riprese: nel caricatore della pistola che lo colpì mortalmente al ventre, era rimasta una pallottola vera. Non fu il solo incidente registrato durante la lavorazione in un set (pare) infestato dalla cocaina: un tecnico si ustionò gravemente una mano e un altro rimase folgorato; un camion pieno di attrezzatura prese fuoco; uno scultore sfondò con l’auto il laboratorio degli oggetti di scena; lo stesso Brandon Lee, prima del colpo fatale, si tagliò con un vetro. Il corvo fu una delle prime opere cinematografiche ad ispirarsi a un fumetto (il cui autore era James O’Barr), ma anche a lanciare una tendenza dark nella cultura giovanile degli anni Novanta, a partire dalle canzoni di The Cure e Nine Inch Nails della colonna sonora. Un fenomeno che si spinge fino ai tempi di Matrix.
Il corvo torna sempre, in forme inusitate. Come dice una voce narrante nel film di Proyas, «un tempo la gente era convinta che quando qualcuno moriva, un corvo portava la sua anima nella terra dei morti. A volte però accadevano cose talmente orribili, tristi e dolorose, che l’anima non poteva riposare. Così a volte, ma solo a volte, il corvo riportava indietro l’anima, perché rimettesse le cose a posto».