Libero, 9 luglio 2019
Un libro di Ettore Bocchia, chef-scienziato
La cosa bella di Ettore Bocchia (ebbene sì signori, chef stellato) è che ha lo sguardo pazzerello tipico dei geni del fornello, ma il modo di fare dell’amico con cui ti berresti volentieri un bicchiere di vino. E infatti ne abbiamo bevuti 7. Anche 8. Tutti rari. «Antichi». Se vogliamo addirittura indimenticabili. Ma non è questo il punto. Il punto è che Ettore Bocchia, Executive Chef al “Grand Hotel Villa Serbelloni” di Bellagio (Como), gran maestro della cucina molecolare, creatore del primo menu molecolare nel 2002, frizzi e lazzi, sa persino scrivere. E non lo fa per assecondare un eccesso di vanità (capita a molti), bensì perché ha qualcosa da raccontare. Ecco a voi, dunque, L’essenza dell’invisibile – Capire la cucina molecolare (Ed. Aliberti, 119 pagine, 12 euro), compendio utilissimo se si desidera comprendere i misteri della scienza abbinata alla cucina. Per intenderci, il buon Bocchia è nientemeno che l’ideatore di sette tecniche inedite – dal gelato raffreddato con l’azoto liquido, alla frittura degli zuccheri – applicate a una continua e maniacale ricerca dell’eccellenza. La stessa, nel 2004, gli ha consentito di conquistare la prima stella Michelin. Come spiega il giornalista e professore Luca Sommi nell’introduzione: «Ettore Bocchia è un rivoluzionario, crede nelle utopie e si ferma solo davanti all’oggettività – quella che lui ritiene tale. È un rivoluzionario perché ha ribaltato l’approccio alla cucina non solo formalmente come tanti, tutti tentano di fare, ma sostanzialmente, roba per pochi eletti. È andato dentro alla materia, l’ha studiata, scomposta e poi ricomposta, non si è limitato a destrutturare un tortello, spargendone gli ingredienti sul piatto – dicesi coup de théatre, molto diffuso tra gli chef. Si è affiancato a un professore di fisica dell’alimentazione, per capire, sviscerare, analizzare, controllare, scoprire, sperimentare, perché il suo obiettivo era uno solo: la perfezione». E i casi sono due: o Sommi è un amico di quelli che ti lisciano il pelo a prescindere, oppure siamo di fronte per davvero a un cuoco “illuminato”. Noi puntiamo sulla seconda, sarà anche merito dei 7 o 8 bicchieri “indimenticabili”, per carità. Vi invitiamo in ogni caso a farvi un’opinione vostra, a leggere questo manuale che scorre via tra una spiegazione ( «“cucina molecolare” significa utilizzare materie prima di altissimo livello e i processi fisici che ho studiato al fine di ottenere un miglioramento della qualità del cibo»), un consiglio («Come si giudica un piatto? Il ph della saliva è il fattore principale (…) Quindi ho individuato otto parametri che consentono un’analisi precisa e oggettiva: geometrie, cromatismi, percezione olfattiva, gusti primari (amaro, dolce, salato e acido), gusti secondari (aromi), texture (ossia struttura o tessitura), punti di fusione, retrogusto»), istruzioni per mettere in tavola un perfetto piatto di spaghetti al pomodoro («…terzo: scolare la pasta e versarla in padella. Sotto lo scolapasta mettere un recipiente per recuperare l’acqua di cottura che servirà per…»), discussioni su amidi, cagliata d’uovo, azoto liquido, salsa e lecitina, fino alla definizione di Nuova Meringa Italiana («…e la felicità è lì, a distanza di un morso»). Alla fine del volumetto ritroverete tutte le grandi ricette dello chef con relativi consigli, mentre Franco Cologni (Presidente della Fondazione Cologni) saluta così nella postfazione: «Vi parlo dell’uomo: Ettore ha cominciato da zero e si è fatto le ossa (…) e ci ricorda, giorno dopo giorno, che la vita è da gustare. Non da divorare)». Fine. Anzi no, parola allo chef: «Non so se ho cambiato la cucina italiana, però ci ho provato. E forse qualcosa è accaduto». Eccome se è accaduto. Prosit.