Libero, 9 luglio 2019
Scarafaggi sempre più resistenti
L’apocalisse è adesso, è in casa, per noi cittadine insettofobiche (sarebbe entomofobiche, ma chi lo sa?), è adesso, l’estate, la stagione della morte per paura e per orrore, e la morte arriva portata sulla cozza in granito nero degli scarafaggi: questi esseri portatori di piaghe, partoriti dello sfintere del diavolo, fatti piccoli apposta come i vietcong, mimetici e frenetici, con quelle sei zampette lerce, non due o quattro come le bestie normali, intinte negli escrementi di cui sono ghiotti quanto del pane, e quel lurido colore bruno delle elitre che da milioni di anni non contengono ali, lucide come il cielo dei cattivi presagi, le antenne astute e insinuanti; e ancora non basta, a farci urlare? Non basta, la sorpresa di trovarsi quell’alieno sul pavimento che impazzisce con la luce, come Dracula, e noi non possiamo che fuggire come inseguite da un coltello. L’apocalisse è adesso e noi dovremmo quindi farci amico l’orrore? Non basta.
FESSURE E BATTISCOPA
Adesso che fa un caldo che li fa uscire tutti da dove diamine stanno, non basta che ci siamo assicurate che non ci siano buchi nei muri, né fessure nei battiscopa, né controllare il silicone intatto alle giunture dei sanitari, niente basta: e che diavolo, il satanasso che compare da solo è il peggiore, avvicinarsi e pestarlo non ci si pensa neppure, qualcuna l’ha fatto ed è riuscita a tornare indietro a raccontarlo, ha detto che sotto la scarpa fanno croc ma poi si muovono ancora; gli metti sopra una tazza e lui scompare da sotto la tazza, ricompare a un altro lato del pavimento, è la vedetta e il ricognitore, dietro di lui, irraggiungibili, ce ne sono a centinaia, forse migliaia e usciranno tutti insieme appena spegneremo la luce, ticchettando le zampette metalliche sul gres porcellanato in cucina, sul marmo del salotto. Siamo circondate, siamo Fort Alamo, e ancora non basta. Sono invincibili da centinaia di milioni di anni, ecco i veri robot di cui aver paura: non quelli che sembrano uomini e ci battono a scacchi, ma quelli che non ci imitano e ci battono in durata, in pazienza, in capacità di fabbricare schifo e terrore, per di più vivendo di deiezioni. Non se ne andranno mai. Anzi. Anche quest’anno, con la tediosa puntualità di una stagione non amata, è comparsa la ricerca su quanto le blatte (qui da noi ci sono per lo più le Blattella germanica che almeno son piccole, ma le avete viste quelle americane, che si spargono nel mondo prendendo passaggi via mare, si arrampicano sui muri, si lanciano sui cuscini del letto), si diceva su quanto ‘ste cose siano sempre più indistruttibili. A ogni misura antiscarafaggio che inventiamo, trasformano il loro corpo in una contromisura. Secondo lo studio pubblicato sulla rivista Scientific Report, effettuato alla Purdue University dell’Indiana dal ricercatore Michael E. Scharf, la blattella germanica è in grado di sviluppare una potente resistenza agli insetticidi in poco tempo, e di questo avevamo già sentito parlare; ma, in più, pare che agli animalacci basti entrare in contatto con un solo principio attivo velenoso per immunizzarsi anche ad altri. In pratica, è come se prevedesse con che cosa tenteranno di ammazzarlo la volta dopo. Quindi usare insetticidi diversi, invece di disorientarli, rende più forte il loro sistema immunitario. Secondo la ricerca, effettuata con test durati sei mesi in vari edifici di edilizia popolare in Indiana e Illinois, tutto comincia da una mutazione genetica casuale che permette loro di sopravvivere ai trattamenti di disinfestazione e di figliare centinaia di altri esemplari duri così. Per essere sicuri i ricercatori hanno trattato le colonie in vari modi: con tre insetticidi diversi (abamectina, acido borico e thiamethoxam) in momenti diversi, nell’arco di tre mesi, e poi di altri tre; con i tre insetticidi tutti insieme e infine con un solo insetticida su colonie che avevano mostrato una bassa resistenza. Il risultato è stato lo stesso: il numero di esemplari di ogni colonia non è risultato neppure ridotto, tranne che nel terzo caso, dove gli studiosi hanno rilevato una percettibile diminuzione. Quindi, una speranza potrebbe esserci. Ma nessuno sa ancora come facciano gli scarafaggi ad adattarsi così in fretta. Si pensa che, oltre alle mutazioni genetiche, sia in gioco la capacità da parte degli insetti di imparare a riconoscere le sostanze velenose e quindi di evitarle.
KAFKA
L’unico vero punto debole che la ricerca ha potuto registrare è che l’immunizzazione non è irreversibile e tende a scomparire quando l’insetticida non è più nei loro paraggi, si crede perché il prezzo fisiologico dell’adattamento possa essere una minor longevità e una maggiore esposizione alle malattie. Per il momento, comunque, a noi non resta che il combattimento corpo a corpo: escludendo la ciabatta, esistono specifici metodi meccanici, come bande adesive e aspiratori. Minuscoli carri armati schifosi di cui non ci libereremo mai e in più gli uomini ci deridono. E non tirate fuori Kafka e la sua Metamorfosi, con quella storia bisunta non spargete sale sulla nostra ferita d’orgoglio. Kafka, che ha scritto il suo racconto più ripugnante e celebre usando l’insettaccio come una pistola e facendolo diventare grande come un cristiano, l’ha fatto perché era per metà donna, con quelle spallette imprigionate in abiti attillati e sempre in giro con quei due, i fratelli Brod; vorrete mica farci credere che a un maschio completamente maschio sarebbe venuto in mente di far inorridire il fondo delle nostre anime con uno scarafaggio?