il Fatto Quotidiano, 9 luglio 2019
Centomila bombe inesplose in Italia
Nelle guerre è sempre difficile tenere i conti. Ma, come abbiamo raccontato domenica con “Sherlock”, guardando ai dati ufficiali delle forze armate Alleate, sul nostro Paese sono state sganciate 378.891 tonnellate di ordigni (pari al 13,7% del totale sganciato sull’Europa), corrispondenti secondo alcune stime a circa 1 milione di bombe. Più difficile da individuare con precisione è il numero di quelle inesplose. Sempre secondo un documento del Dipartimento della Difesa americana – ripreso anche dalle università italiane che si stanno occupando della mappatura degli ordigni a Pompei – la percentuale di malfunzionamento dei detonatori di queste bombe “storiche” è tra l’8% e il 10%: nel caso italiano, si tradurrebbe in 37.900 tonnellate di bombe d’aereo inesplose, corrispondenti grosso modo a 80-100.000 ordigni di vario tonnellaggio e di vario tipo. Bombe che sono sì vetuste, ma non per questo innocue: gli esplosivi degradano infatti molto lentamente, e il deterioramento può renderli persino più “sensibili”.
A Pompei, da 7 a 10 bombe d’aereo non esplose – eredità del bombardamento americano del 1943 (almeno 165 gli ordigni allora sganciati) – si troverebbero nel sottosuolo, nell’area alle spalle dei fronti di scavo: lo ha svelato la nostra inchiesta. Il Parco archeologico ha replicato, specificando che “la Regio V, oggetto degli attuali scavi, è stata bonificata”. Ma questa corrisponde solo a una porzione della grande area ancora da scoprire e scavare, al di fuori della zona già aperta al pubblico, nelle Regiones I-III-IV-V-IX.
Le bombe della guerra esplodono ancora. Anche dopo un secolo. A Cortina d’Ampezzo, proprio pochi giorni fa, due bombe della Prima guerra mondiale sono scoppiate, provocando un incendio. Siamo nella zona di Ospitale, al confine tra Belluno e Bolzano. Dove oggi boschi splendidi e silenziosi ricoprono le trincee, le truppe italiane e quelle austriache si confrontarono in una lotta terribile. Imprigionate per anni nei cunicoli tra bombe, cecchini, gelo e valanghe. I segni di quella tragedia te li ritrovi davanti salendo per i sentieri: per il pascolo di Lerosa, dove l’erba mostra ancora avvallamenti. Sono crateri di bombe, e tombe di soldati. “Qui, una settimana fa, hanno sentito un boato. Poi ecco una colonna di fumo e le fiamme che si sono mangiate mezzo ettaro di bosco”, racconta Michele Da Pozzo, appassionato direttore del Parco delle Regole d’Ampezzo. Che cosa avrebbe provocato le fiamme? “Quasi certamente un ordigno rimasto sepolto per oltre un secolo”.
Spiega Da Pozzo: “Sono bombe di cannone che gli italiani avevano sparato dal monte Cristallo. Alla prima esplosione ne sono seguite altre, forse bombe a mano rimaste nel terreno. Con tutta probabilità è stata la tempesta dell’ottobre scorso, quella che ha sradicato milioni di alberi, ad averle riportate alla luce”. I carabinieri forestali stanno indagando: difficile che gli ordigni siano esplosi da soli, per il caldo. Potrebbe esserci la mano dell’uomo. Forse dei cacciatori abusivi di cimeli – non è inusuale vederne in giro per queste vette – sono incappati in una bomba, innescandola. Poteva scapparci il morto.
Il Trentino-Alto Adige subì attacchi aerei pesantissimi anche durante il secondo conflitto mondiale. Specie negli ultimi sette mesi della guerra, con la ritirata tedesca. Sulla sola provincia di Trento furono gettate almeno 32.019 bombe esplosive, a frammentazione, incendiarie e cluster. Di queste, risultano inesplose circa tra le 800 e le 1.280.
Da Pompei alle Alpi, in Italia la guerra non è ancora finita. “C’è la zona lungo la Linea Gotica, poi le coste dove si verificarono gli sbarchi e le aree delle battaglie”, spiega Fernando Termentini, generale in pensione che mette la sua competenza al servizio della bonifica. “Ogni anno il Genio dell’Esercito e le altre forze militari compiono 2mila interventi (oltre 7 al giorno) per rimuovere le bombe. Sono l’eredità della Prima Guerra e della Seconda quando sull’Italia: quella della Prima Guerra sono soprattutto proiettili di cannone; della Seconda restano invece le bombe aeree. E gli inneschi, anche dopo cento anni, possono essere attivati. Alcuni provocando l’esplosione immediata, per altri possono passare giorni”.