La Stampa, 9 luglio 2019
Intervista a Stefano Accorsi
Lo sguardo, il sorriso genuino e la voce calda di Stefano Accorsi ti catturano subito. Lo incontriamo a Barolo, nell’ambito del Festival Collisoni. Dopo il recente successo ottenuto ai botteghini con il film Il Campione, nominato a quattro Nastri d’Argento, e a teatro con L’Orlando furioso, ha finito di girare da quattro giorni l’ultimo lungometraggio di Ferzan Ozpetek, La Dea Fortuna. «Non è un film a tesi o creato a tavolino. Nasce da un sogno, una suggestione di Ferzan. Una storia molto bella».
Ce la racconti.
«Parla di una coppia gay in crisi, siamo io ed Edoardo Leo. Nessuno dei due vuole figli ma si ritrovano a badare per tre giorni a due bambini di un’amica che deve andare in ospedale. Ma la degenza si prolunga, la convivenza con i bimbi anche, tutto diventa più complicato. È una storia piena di sorprese dal punto di vista dei rapporti, raccontati in modo molto umano ed emotivo. C’è tutto un gruppo di amici intorno a loro, come nella migliore tradizione di Ferzan, e ci sono lunghe tavole imbandite in cui si mangia tanto, si ride. In parte è un film che ha una possibilità autobiografica».
Terzo filmcon Ozpetek dopo Le fate ignorantie Saturno Contro. Che rapporto avete?
«Ferzan è leggero e profondo, molto spiritoso, capo assoluto del suo set, come è giusto che sia, ci si diverte a lavorare con lui. Bisogna però essere molto disponibili emotivamente a dare estemporaneità ai personaggi. Lui ti fa studiare il copione, ma allo stesso tempo, ti dice che una volta sul set cambieranno tutte le battute, così come le situazioni».
Come ci si sente alla fine?
«Ora vorrei togliermi i baffi, prima di tutto (scherza ndr). Quando finisce un film dove sei stato bene, sei emozionato, triste, ma anche sollevato, perché hai voglia di tornare a casa. Il cinema, la tv e il teatro sono così: danno e richiedono tanto, alla fine hai voglia di rigenerarti».
A settembre andrà in onda 1994, la terza e ultima stagione della serie prodotta da Sky e Wildside. Creata da Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo, nasce da una sua idea. Quanto è stato difficile realizzarla?
«1992, 1993 e 1994 sono specchio degli anni che hanno cambiato l’Italia durante la prima e seconda Repubblica. Un progetto importantissimo per me. Un bel pezzo di vita. Concretizzarlo è stato difficile. Inizialmente ho ricevuto alcuni "no" motivati dal fatto che la politica non interessa a nessuno. Tanto che la mia prima idea era di girare un biopic su Berlusconi, ma mi hanno fatto subito capire che sarebbe stato impossibile. Alla fine Sky ha accettato la proposta. Abbiamo fatto interagire personaggi di fantasia e reali. Così le cose che si dicono sono verosimili ma non necessariamente vere. E durante le riprese abbiamo sempre avuto al nostro fianco due studi legali, uno della produzione e uno di Sky, proprio per evitare che bloccassero il progetto».
Cosa racconta in 1994?
«È l’anno della svolta. Berlusconi vince le elezioni e diventa capo del Governo. C’è la presa e gestione del potere. Tutto quello che era "progetto occulto" diventa il nuovo modo di fare la politica. Così Leonardo Notte, il mio personaggio, si divertirà come un pazzo. Non avrà nessun pudore. Se vuole portare dalla sua parte deputati leghisti piuttosto che centristi farà le proposte più convincenti. È molto verosimile e la storia ci dice che è così».
L’attualità potrebbe fornire materiale per un’altra serie?
«Sono anni intensi. Abbiamo un pensiero complesso in Italia che ci fornisce molti spunti interessanti. Basti pensare alla mafia quanto materiale narrativo ha prodotto e quanta cultura deviata ha raccontato. Oggi chi è al potere deve pensare che spesso interloquisce con persone più deboli. La politica non può basarsi sulla ricerca sistematica del consenso e la distruzione del dissenso. È l’antitesi della gestione del potere».
Prossimi progetti?
«Sto lavorando su due idee di serialità con produttori italiani ed editori che potrebbero essere Sky, Amazon o Netflix. Poi tornerò al cinema, come attore, nel prossimo film di Stefano Mordini».
Ha girato film con tanti registi importanti. Chi le manca?
«Matteo Garrone, che considero un visionario. E tra le attrici reciterei volentieri con Michela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi. Con loro non ho ancora lavorato».