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 2019  luglio 09 Martedì calendario

Intervista a Sophia Loren

«Non ho rimpianti. Non potrei vivere pensando: “Avrei dovuto fare quella cosa”, per carità. Io la notte voglio durmì». Sophia Loren ha finito di girare la scena, è seduta nell’appartamento al piano terra del palazzo che ospita il set. Gira a Bari, diretta dal figlio Edoardo, La vita davanti a sé dal romanzo di Romain Gary, storia di un’anziana ebrea deportata a Auschwitz che accudisce Momò, figlio di una prostituta. Con questa storia Moshé Mizrahi vinse l’Oscar come miglior film straniero nel ’78, la protagonista era Simone Signoret.
Dalle banlieue all’Italia multietnica, Loren racconta la solidarietà possibile. È il ritorno al cinema dopo Voce umana , del 2014, sempre diretto dal figlio. Sul set è un soldato, lui la chiama “mammina”. «Ho letto il libro e ho pensato subito di farne un film con mia madre», racconta Ponti, che firma la sceneggiatura con Ugo Chiti. «La protagonista è un personaggio straordinario. È un film necessario in un momento come questo, in cui vince la paura, senti dire sempre "quelli", "gli altri", senza pensare che "l’altro" siamo noi. In questi storia sono tutti diversi, per razza, religione, e emarginati, ma l’amore rende uguali». Realizzato da Palomar - Carlo Degli Esposti, Nicola Serra, produttrice delegata Patrizia Massacon un pool di investitori americani e la collaborazione della Puglia Film commission, La vita davanti a sé è interpretato anche da Renato Carpentieri, la trans Abril Zamora, star in Spagna, i piccoli Ibrahima Gueye, Diego Pirvu e Simone Surico.
Caftano con ramage corallo, ai piedi i sabot di pitone senza tacco, Loren ha gli occhi verdi che sprizzano ironia. A 84 anni ha mantenuto una bellezza fiera; ogni tanto parla in dialetto napoletano e fa un gran sorriso. Al porto la folla l’ha aspettata ore, lei si è sbracciata per salutare.
Signora Loren, è una diva che saluta?
(ride) «Ringrazio per l’affetto che mi danno, ci mancherebbe pure. Se sono qui è merito della gente. Non ho mai capito quelli che si nascondono dalla folla, sono un po’ ingrati, no? Per me le persone non sono il segno del successo, sento che mi vogliono bene. Ne ho bisogno e voglio ricambiare».
Tre anni fa, per la cittadinanza onoraria a Napoli, la città si è paralizzata.
«Uh, non mi ci faccia pensare, ma era bello vero? Mi volevano abbracciare e anch’io li avrei voluti stringere. Capirà, Napoli è la mia vita».
Chi l’ha convinta a tornare sul set?
«Mio figlio si era innamorato del libro, me lo ha fatto leggere. La storia è bellissima ma lo sa, per fare un film ci vogliono tanti soldi e devi trovare i produttori che si innamorino della storia. Ho detto a Edoardo: “Che facciamo, ci buttiamo?”».
Ha interpretato donne indimenticabili: Cesira nella Ciociara, Filumena Marturano in Matrimonio all’italiana, Antonietta di Una giornata particolare. Madame Rosa farà parte di questa galleria: ama le guerriere?
«Tanto. Questa è una donna forte, che si occupa dei figli degli altri, sa dare amore più di una madre. Lavoriamo con tanta dedizione per restituire la forza e la dolcezza».
Com’è lavorare con Edoardo?
«Mi fa sempre impressione, è mio figlio. Penso: com’è bravo com’è bello com’è intelligente. Ma tengo tutto dentro di me. Con Edoardo ci confrontiamo sulle cose della vita, come con l’altro figlio, Carlo: sono ragazzi aperti, gentili unici. Lo so, sono la madre, ma mi sembrano abbastanza particolari».
Nel film vince l’accoglienza, senza pregiudizi. Che effetto le fa vedere cosa sta succedendo con i migranti?
«È un problema enorme perché è in ballo la vita della gente. Se le altre nazioni non lo fanno, è giusto prenderli in Italia. Ha visto i bambini, le donne incinte? Parliamo di umanità, di persone».
Che valore dà alla solidarietà?
«Ho passato la giovinezza a Pozzuoli, la mia famiglia aveva accolto a casa un ragazzo con qualche difficoltà. Non parlava molto, c’erano dei veri cretini che lo chiamavano “scemo”.
Per me era un fratello. Poi i miei parenti si imbarcarono per l’America e lo portarono con loro. Abitavano a Scranton, Pennsylvania. Molti anni dopo andai a trovarlo. Mi chiamava “Lelletta” non mi lasciava più. Me ne andai in lacrime».
Lei chi deve ringraziare?
«Mio marito e De Sica. Ho cominciato dal niente. Mia madre era una povera signora, ci morivamo di fame e siamo andate a Roma. Senza persone checredono in te non vai da nessuna parte. Incontrai Carlo Ponti, il mio futuro marito, e mi fece conoscere Vittorio De Sica. Lo porto nel cuore. Doveva fare L’oro di Napoli, stavamo nell’ufficio di De Laurentiis, non osavo dire una battuta. Capii che gli ero piaciuta dal modo in cui mi parlava: "Siccome parto per Napoli ti faccio un provino subito, se va bene puoi fare la pizzaiola". Mi misi a piangere. “Domani vieni sul set”. Così fu».
Ne parla con estrema gratitudine.
«Era adorabile, un uomo di cuore. Unico. Ha creduto in me».
Con De Sica ha girato La ciociara, con cui ha vinto l’Oscar, Matrimonio all’italiana. Il mambo in Pane amore e... di Dino Risi è entrato nella storia del cinema. Quanto vi siete divertiti? (ride)
 «Che mi fa ricordare. Quanto mi piaceva ballare il mambo, però De Sica non era capace. La mia carriera è ancora un sogno, ho imparato dal niente. La vita mi ha insegnato tutto, mi è bastato portarla sullo schermo piano piano. Gli attori vanno nelle scuole ma io tutti i sentimenti li portavo dentro di me. Non potevo sbagliare».
Ma così reciterebbero tutti, ci vuole anche il talento, no ?
«Va bene, qualcosa devi avere. Ma io ho tirato fuori le mie sensazioni, il cinema mi ha dato modo di vivere la vita felicemente».
Si è chiesta perché la gente la ama così tanto?
«Non mi rendo conto neanche io. Sento che c’è tanta tenerezza, amore e rispetto. Spero che le persone sentano l’amore che ho per loro. Sa cosa diceva mio marito? “Dura minga”. Invece è durato».
Che rapporto ha con l’età?
«Non puoi girarti dall’altra parte. Devi accettare gli anni che passano: ti sposi, fai i figli e vivi tanti tipi di amore. Mi godo i nipoti, tutti e quattro biondi, con gli occhi azzurri. Bellissimi, intelligenti e che vogliono tanto bene alla nonna».
Due Oscar, una carriera formidabile. Quanto ha contato il lavoro nella sua vita?
«Mi sono realizzata nel lavoro e nell’amore. Meno male, ché se manca qualcosa poi si diventa cattive. Ho avuto la fortuna di incontrare Carlo. Chi poteva immaginarlo?».
Davvero non ha rimpianti?
«No. Non voglio stare a pensare che aggio perduto qualcosa».