Corriere della Sera, 9 luglio 2019
I numeri sulla spazzatura a Roma
Alla fine l’Ama, la municipalizzata che gestisce i rifiuti di Roma al centro di una crisi senza precedenti, si è anche appellata ai romani: «Producete meno rifiuti!». Ci sarebbero, secondo l’azienda, ancora mille tonnellate di immondizia che – potenzialmente, senza altri impianti disponibili – potrebbero restare in strada, assediare scuole, ospedali, ristoranti. Così ecco l’appello, producete meno rifiuti. Perché, in effetti, i numeri – raccolti dall’Ispra e inviati direttamente dai Comuni quindi inattaccabili – raccontano che proprio Roma e i romani sono, non da adesso, in cima alle classifiche nazionali sulla produzione dei rifiuti cosiddetti urbani, complessivamente sul territorio e anche pro capite.
Il primato Secondo l’ultimo report dell’Ispra del 2018, che quindi si basa sui dati del 2017, in Italia i valori più alti si segnalano a Catania (713 chilogrammi per abitante all’anno), Venezia (637 chilogrammi), Firenze (622 chilogrammi) e Bari (609 chilogrammi). Subito dopo, però, c’è anche Roma, che tra le grandi città spicca in negativo con una produzione di rifiuti, annuale e pro capite, di 587,2 chilogrammi. Una media molto alta che, appunto, supera l’altra «capitale», Milano, che si ferma a 494,7 chilogrammi, e poi anche Torino e Napoli, con 498 e 518,1 chilogrammi sempre all’anno per ogni abitante.
I 7.650 dipendenti AmaCittà diverse, con un’organizzazione diversa: a Roma, per 2 milioni 800 mila persone, c’è l’Ama con 7.650 dipendenti; a Milano l’Amsa ne ha 3.300 per 1 milione 300 mila abitanti; poi Torino (1.544 dipendenti per 880 mila abitanti) e Napoli (2.235 dipendenti per 966 mila abitanti). Confronti che, in ogni caso, non incidono sul dato pro capite ancora molto, troppo alto. Anzi, come ha ammesso anche Ama, sta aumentando anche la produzione totale dei rifiuti, più 3% rispetto all’anno scorso. Dinamica che avvicina Roma alle altre città a vocazione turistica (a Milano, per esempio, più 0,46%) ma che però, a maggior ragione con questa emergenza in atto, preoccupa in prospettiva. «Non solo non si fa nulla in termini di politiche per la riduzione dei rifiuti – spiega Roberto Scacchi, presidente di Legambiente Lazio —, ma a Roma, a differenza di altre città, non aumenta neanche la differenziata».
La differenziataPerché, è vero, rispetto alle percentuali sulla differenziata raccolte nel rapporto Ispra 2018 (Napoli 34,3%, Torino 44,7%, Milano 57,8%) in questi mesi qualche miglioramento c’è stato. A Milano, per esempio, l’Amsa precisa che nei primi cinque mesi del 2019 la città è arrivata al 61,8%. E invece a Roma, nonostante le dichiarazioni ufficiali – Ama continua a negare passi indietro sulla differenziata – la raccolta ormai da un anno ruota attorno al 44%, dato negativo perché appunto stabile e non in crescita, questo chiaramente anche a causa della crisi nella raccolta: tecnicamente, in questi giorni di emergenza, anche i rifiuti differenziati che però finiscono a terra, addosso ai cassonetti-discarica, diventano «contaminati» e quindi anch’essi si trasformano in rifiuti indifferenziati, col risultato che si vanificano anche gli sforzi di chi, giustamente, vorrebbe contribuire a risolvere l’emergenza separando di più e meglio i materiali.
Confronto con l’esteroPiù in generale, comunque, come ha voluto sottolineare proprio Legambiente nel suo Ecosistema urbano, il rapporto – del 2018 – sulle performance ambientali nelle varie città, le altre Capitali vantano una produzione di rifiuti ben al di sotto della media italiana (500 chilogrammi) e di Roma: con i 394,7 di Berlino, 328 di Madrid, 322 di Praga, 489 di Parigi e infine i 398 di Copenaghen.