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 2019  luglio 08 Lunedì calendario

«Era la migliore: generosa, morbida nei comandi, più piccola della “Bauletto”, più maneggevole, e poi piaceva tanto alle donne, si adattava perfettamente al loro stile

«Era la migliore: generosa, morbida nei comandi, più piccola della “Bauletto”, più maneggevole, e poi piaceva tanto alle donne, si adattava perfettamente al loro stile. Con lei c’è stato un salto di qualità»: Ivone (detto «Ivo») Rolfo, 90 anni, di cui 60 trascorsi a insegnare nelle scuoleguida, tra cui la più antica d’Italia – la «Marenco» di Torino – ricorda ancora il profumo della pelle nuova, il rombo del motore, i colori della carrozzeria della sua auto preferita, una Fiat Seicento originale. E soprattutto ha in mente gli allievi che al volante di quelle mitiche macchine (ormai) d’epoca hanno preso la patente: «Anni fa era una scuola per davvero, i corsi erano affollati, camionisti e operai restavano pure dopo le 22 a parlare di auto, io insegnavo con passione anche l’educazione civica, oggi con i test on line è venuto meno quello spirito, si è più soli a studiare». 
Così un giorno Ivo ha deciso di fermare quell’atmosfera per sempre e ha cominciato a scrivere: «Erano solo memorie, volevo lasciarle alla mia famiglia per quando non ci sarei più stato». Ma in realtà le memorie si trasformano in un romanzo storico su Torino, ritratta da quella penna semplice che l’ha vista cambiare attraverso i segnali stradali, i nomi delle vie, i semafori e le isole pedonali, le lezioni in via delle Chiuse 2. Così il figlio Walter, l’illusionista e autore tv famoso per aver portato la grande magia a Torino, ha deciso di fare del diario di Ivo un libro. Si chiama «La patente» e verrà presentato domani al Museo dell’Automobile (alle 18,30 Sala 150, con il figlio Walter e la direttrice Mariella Mengozzi). 
Si torna indietro nel tempo, con un lungo pit stop al 1904 quando l’ingegner Marenco aprì la scuola in via Balbis 1: «L’anno dopo c’erano 158 allievi, nel 1907 divennero già 280». Studiavano per la qualifica di «conduttori Gentleman» (la patente non esisteva ancora). Fino all’anno in cui Ivo ha rilevato l’autoscuola: «Mi occupavo un po’ di tutto, della pratica, ma il mio forte era la teoria, fino al 1957 d’inverno andavamo anche in campagna, per i corsi itineranti ai contadini». La sua oratoria era innovativa, gli iscritti ne erano affascinati, anche le donne: «Non è vero il detto che al “volante sono un pericolo costante”, anzi: 7 su 10 all’epoca non lavoravano dunque potevano venire a lezione e dedicarsi con più tempo e attenzione». Ivo ha dato la patente a generazione di torinesi, anche a qualche vip: «Ricordo i fratelli Boglione, fondatori delle Robe di Kappa». E poi a tanti operai della Fiat e dell’Alfa Romeo, sarà anche per questo che ha sempre voluto solo auto Fiat, Lancia o Alfa, comunque italiane: «Anche quando le case straniere proponevano sconti per utilizzare i loro modelli all’autoscuola, io mi rifiutavo». Lui che la patente l’ha conseguita con una Barilla 4 marce, ha ceduto una sola volta: «Mio cognato voleva liberarsi della sua Mini Cooper e io gli ho detto di darmela piuttosto che demolirla, ma solo perché era un’auto iconica». Appassionato di motori d’epoca, ha guidato anche una Fulvia Coupé – tra le tante – e una Fiat 130. E ora è ancora volante, di una Punto. Sulla strada, secondo lui, vige un codice speciale: «Credo nella gentilezza: è troppo facile litigare tra automobilisti, ma a me non è mai capitato. Sa perché? Basta chiedere scusa se si manca una precedenza, o ringraziare se ti lasciano passare, purché sempre con un sorriso».