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 2019  luglio 08 Lunedì calendario

Stato e Chiesa, quando la politica supera i confini

Nella storia dei rapporti fra lo Stato italiano e la Chiesa Romana i momenti critici sono stati numerosi. Il 26 luglio 1855 Pio IX scomunicò Cavour e Vittorio Emanuele, rei di avere approvato la legge anticlericale sui conventi. Nel 1870 il generale Cadorna spalancò le porte di Roma a colpi di cannone. Nel 1881 la salma di Pio IX, mentre veniva portata durante la notte nella basilica di San Lorenzo al Verano, corse il rischio di essere gettata nel Tevere da una folla di anticlericali. Nel 1889 un comitato prevalentemente massonico inaugurò un monumento alla memoria di Giordano Bruno, il frate condannato a morte per eresia, e volle che sorgesse in Campo dei Fiori (dove il rogo arse), gli occhi spavaldamente rivolti verso il Vaticano. Nel 1918, dopo la fine della Grande Guerra, il ministro degli Esteri (Sidney Sonnino) riuscì a evitare che la Santa Sede inviasse una delegazione a Versailles per partecipare alla conferenza di pace. Nel 1929 Mussolini firmò con il cardinale Pietro Gasparri, segretario di Stato della Santa Sede, un trattato che creava lo Stato della Città del Vaticano e un Concordato che regolava i rapporti tra la Chiesa e l’Italia. Ma qualche anno dopo il capo del fascismo volle, con grande disappunto di Pio XI, limitare le iniziative dell’Azione Cattolica soprattutto negli ambienti giovanili. E durante la Repubblica sociale italiana, dopo l’armistizio dell’8 settembre, sognò la creazione di una Chiesa «italica e patriottica», completamente separata dalla Santa Sede.
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, il 15 luglio 1949, l’Osservatore Romano pubblicò un decreto del Sant’Uffizio, che scomunicava i comunisti. E quello stesso Papa, che detestava i comunisti più dei nazisti, rifiutò di dare udienza, in una particolare circostanza, ad Alcide De Gasperi, leader della Democrazia Cristiana, e alla sua famiglia. Più tardi la Chiesa Romana dovette accettare, di mala voglia, che l’Italia approvasse le leggi sul divorzio e l’aborto. Con diverse sfumature e varianti, nonostante l’importanza della Dc nella politica nazionale, l’Italia è stata, sia pure faticosamente, laica. Oggi invece accade che un membro del governo, proclamandosi credente e devoto, esibisca il rosario polemicamente contro il Pontefice romano. È il caso di Matteo Salvini, leader della Lega, vice presidente del Consiglio e ministro degli Interni. Salvini non nasconde la sua ostilità alla politica di Francesco in materia di migrazioni e può contare sull’amicizia di un cardinale americano, Raymond Leo Burke, che ha fama di essere, con il cardinale tedesco Gerhard Müller e l’arcivescovo Viganò (che chiese le dimissioni di Bergoglio), uno dei maggiori critici del suo papato. Di Salvini, parlando in una chiesa della Virginia, Burke ha detto di conoscere un eminente politico italiano, un uomo «molto buono» e persona con cui aveva una lunga familiarità pastorale. Se Salvini andrà al potere l’Italia avrà un governo devoto, ma scismatico.