Corriere della Sera, 8 luglio 2019
Le note dell’ambasciatore inglese su Trump
WASHINGTON I giudizi su Donald Trump dell’ambasciatore britannico a Washington, Kim Darroch, non sono esattamente in linea con la storia della «relazione speciale» tra Stati Uniti e Regno Unito. «Il presidente americano è un inetto, un insicuro, un incompetente, un vanitoso e un bugiardo». Il diplomatico è arrivato nella capitale statunitense nel 2016, in piena campagna elettorale. Ha seguito, quindi, con preoccupazione e poi con raccapriccio la conquista della Casa Bianca da parte di Trump. E ne ha riferito, come sono tenuti a fare tutti gli ambasciatori, con una serie di note inviate ai vertici del suo governo, alla premier Theresa May e ai ministri degli Esteri Boris Johnson e poi Jeremy Hunt.
La corrispondenza riservata è finita nelle mani del quotidiano Daily Mail che l’ha pubblicata ieri con conseguenze politiche potenzialmente devastanti. Nei cable c’è dentro di tutto: descrizioni della personalità del presidente, riflessioni sulla politica estera degli Stati Uniti. Secondo il tabloid britannico uno dei messaggi più dirompenti è quello spedito il 22 giugno 2017, cinque mesi dopo il giuramento di Trump sui gradini di Capitol Hill. Darroch, 65 anni, riferisce che «le lotte intestine e la confusione dentro la Casa Bianca» non sono affatto «fake news» come dice il presidente. «È tutto sostanzialmente vero: le fazioni interne qui sono pronte a tutto, è una lotta con il coltello tra i denti».
Erano le settimane in cui cresceva il Russiagate, l’ipotesi di collusione tra il comitato elettorale di Trump e il Cremlino con l’obiettivo di danneggiare la candidatura di Hillary Clinton. Nel marzo del 2019 il Rapporto Mueller ha escluso, per mancanza di prove, la cospirazione tra russi e americani. Ma in quei giorni del 2017 Darroch osservava che «nel rapporto tra Trump e la Russia non si può escludere il peggio». La «carriera» del leader americano «può andare in fumo», anche «se pare emergere dalle fiamme sempre intatto; sembra indistruttibile come Terminator».
Inutile illudersi, sperare che le spinte di Trump siano contenute dallo staff o dagli altri ministri: «Non credo che questa Amministrazione diventerà più normale, o meno anomala, meno imprevedibile, meno lacerata, meno inetta, meno inadeguata sul piano diplomatico». Un esempio? L’Iran. Ancora nel giugno 2017 l’Ambasciatore di Sua Maestà osserva: «È molto improbabile che la politica americana nei confronti dell’Iran possa diventare coerente nel breve termine».
Le opinioni di Darroch non cambiano con il passare degli anni. Eccoci alle ultime puntate. Di nuovo sull’Iran, subito dopo l’attacco annullato contro le postazioni di Teheran nello Stretto di Hormuz, il 21 giugno 2019. Trump spiegò che aveva ordinato lo stop della rappresaglia, quando aveva saputo che ci sarebbero state almeno 150 vittime. «È una giustificazione che non sta piedi – sostiene il rappresentante del Regno Unito – è più probabile, invece, che Trump non sia mai stato coinvolto direttamente. Lui temeva solo le conseguenze di un attacco sulla campagna per il 2020, perché sarebbe stato un ribaltamento rispetto alle sue promesse del 2016 («basta guerre», ndr)».
Infine i consigli su come «maneggiare» la visita di Trump a Londra il 3 e 4 giugno: «Illustrategli le cose in maniera chiara ed essenziale; appena lo incontrate iniziate a lodarlo per qualcosa che ha fatto di recente». E la notazione, dai toni sconsolati: «Può vincere le elezioni del 2020, anche se la sua folla è composta solo da bianchi». La replica di Trump è arrivata solo a tarda serata, lapidaria per ora: «L’ambasciatore non ha servito bene il suo Paese».