Libero, 8 luglio 2019
Biografia di Paolo Trombin raccontata da lui stesso
Vuoi sapere se è il momento giusto per accendere un mutuo? Vuoi conoscere l’andamento dei mercati per comprare delle azioni? Vuoi convincerti ad acquistare titoli di Stato? Allora ti conviene seguire la striscia quotidiana al Tg5 delle 8 e delle 13 condotta dal giornalista Paolo Trombin. Che da oltre 20 anni entra nelle nostre case, rendendo pop l’economia, facendoci familiarizzare con gli indici di Borsa e spiegando lo spread anche ai più riottosi.Qual è il segreto della sua longevità televisiva?
«Innanzitutto ho cercato di essere sempre cronista, senza mai schierarmi in maniera faziosa. Inoltre provo a spiegare quali sono le ricadute sulle persone quando si parla di temi che paiono lontani dalla realtà: se racconto cosa succede ai mercati, anticipo cosa accadrà nella vita di ciascuno di noi. Ma soprattutto il mio segreto è la disponibilità ad alzarsi ogni giorno alle 5 meno un quarto di mattina (sorride, ndr)».
Come riesce a spiegare la complessità dell’economia?
«Io credo molto nella volgarizzazione di concetti che prima nessuno conosceva e di cui oggi tutti parlano. Occorre rendere la gente consapevole di cosa capita in concreto, ad esempio, se lo spread aumenta. Questa consapevolezza aiuta chi è a casa a comprendere la distanza tra le promesse della politica a la realtà dei fatti. I telespettatori non sono scemi, anzi sono molto attenti...».
Che ne pensa invece degli economisti che parlano un linguaggio incomprensibile ai più?
«I termini tecnici aiutano a dare autorevolezza ai propri interventi, ma spesso, se usati dagli economisti impegnati in politica, servono anche a mascherare le cose e a non farle comprendere».
Qual è la cosa più difficile da spiegare a un profano di economia?
«Il meccanismo della Borsa, perché le azioni vanno a razzo, su e giù, con comportamenti contraddittori. Per capirne l’andamento credo poco nell’analisi tecnica. È più importante basarsi sui sentimenti, le percezioni».
Parli di economia e pensi all’Europa della finanza, all’euro come cattiva moneta e alla tirannia dei mercati. Come si riscatta l’immagine di una disciplina così nobile?
«I banchieri non riusciranno mai a riacquisire popolarità perché non l’hanno mai avuta, essendo stati spesso associati all’immagine dell’usuraio. Quanto all’euro, dobbiamo ricordarci che i nostri giovani non ragionano più in lire. E poi la Bce è l’organo europeo che ha la migliore nomea, in quanto Draghi ha fatto di tutto per sostenere l’economia reale».
Il suo interesse per l’economia quando nasce?
«Facendo il giornalista. Negli anni ’80 scrivevo su un settimanale economico che raccontava il miracolo del Nord-est. Poi sono passato a Milano Finanza, al Tg3 e infine al Tg5 dove mi chiamò Mentana nel 1998. L’economia l’ho imparata all’università della strada, con una laurea guadagnata sul campo, parlando con banchieri, imprenditori e frequentando il popolo. In più ho fatto da autodidatta, studiandomi i manuali di Macroeconomia. Se essere un economista populista significa stare vicino alla gente e capirne le istanze, allora lo sono».
Le capita mai che le chiedano consigli?
«Sì, la gente mi riconosce, mi fa i complimenti ma io non posso darle suggerimenti sugli investimenti in Borsa. Al più, invito le persone a essere prudenti. E lo dice uno che possiede solo titoli di Stato, e non azioni…».
La soddisfazione più grande che ha ricevuto nel parlare con uno spettatore affezionato?
«Quando un operatore di Borsa mi ha detto: “È grazie a lei che faccio questo mestiere”. Si era appassionato a indici e azioni, guardandomi in tv».
Se le proponessero di diventare ministro dell’Economia, accetterebbe?
«Non sarei in grado. Semmai mi piacerebbe fare il sottosegretario al Lavoro. Avrei tante grane e cercherei il modo di risolverle».
Il nostro Paese come riparte? Consigli di un esperto…
«Ci vorrebbero meno regole sul lavoro, rimodulazione delle aliquote verso il basso e più investimenti infrastrutturali. Fosse per me, farei non solo la Tav ma anche il ponte sullo Stretto».