La Stampa, 8 luglio 2019
Weimar, i tre che aprirono le porte a Hitler
«Nient’altro che uscite, spese e debiti»: è preoccupato alla fine di novembre del 1932 Josef Goebbels, responsabile delle casse (vuote) della sezione regionale del Partito nazionalsocialista. «Come se non bastasse, dopo la recente batosta alle urne sarà impossibile procurarsi grosse somme».
Proprio così: la stangata elettorale era stata del tutto inaspettata. Dopo la straordinaria ascesa dei nazisti, il consenso dei tedeschi verso Hitler e i suoi uomini nell’autunno aveva fatto un bel capitombolo. Gli industriali avevano ritirato i finanziamenti e Goebbels aveva sguinzagliato nelle strade delle principali città del Reich i suoi militanti per elemosinare sovvenzioni. Eppure, nonostante la crisi del partito nazionalsocialista, a distanza di alcune settimane, il 30 gennaio 1933, Hitler prestò giuramento come Cancelliere. Cosa accadde dunque in quella manciata di fatali giorni? In quali gravi abbagli incorsero gli uomini della Repubblica che favorirono il passaggio alla dittatura? E questi errori si possono riproporre ancora oggi?
A rispondere a queste domande e a ricostruire nel dettaglio le ultime dieci settimane della Repubblica di Weimar sono due giornalisti e ricercatori, Rüdiger Barth e Hauke Friederichs, nel libro I becchini. L’ultimo inverno della Repubblica di Weimar (in uscita per Bompiani, pp. 536, € 24). Attraverso archivi e diari inediti, i due autori si propongono di dimostrare che l’ascesa al potere del Fürher non era inevitabile. Dopo la débâcle di novembre, se Hitler non fosse divenuto Cancelliere, nei mesi seguenti sarebbe continuato il calo di voti che lo Nsdap aveva già registrato. I tre protagonisti di quei drammatici giorni durante i quali Hitler mosse le pedine della sua partita - Paul von Hindenburg, feldmaresciallo dal viso granitico nonché presidente del Reich, Franz von Papen, che poi divenne vice cancelliere di Hitler, e il generale Kurt von Schleicher, capo del governo solo dal dicembre 1932 al 28 gennaio 1933 - ebbero molte possibilità per capovolgere la situazione. Ma non fecero nulla. Come mai?
I due autori dimostrano che questi personaggi chiave rimasero scottati giocando col fuoco (ovvero Hitler) che credevano di poter controllare. Raccontano in particolare l’intricata vicenda di von Schleicher che per primo avviò le trattative con i nazisti. Molte scelte di Schleicher, misterioso militare il quale per decenni agì dietro le quinte, sono rimaste fino a oggi nell’ombra.
«Non sarà facile scendere a patti con Schleicher. Ha lo sguardo di uomo intelligente ma insidioso», osservò Hitler quando incontrò il generale per la prima volta. Ma chi era veramente Schleicher? Precocemente calvo, rotondetto ma dotato di un grande appeal, si godeva la vita da scapolo e in politica non amava farsi notare. Prediligeva l’intrigo: fu lui a riarmare all’inizio degli anni Venti i Freikorps, i gruppi di ex combattenti che assassinavano comunisti e socialdemocratici, e a potenziare l’organizzazione militare illegale «Reichswehr nera».
Quando il partito di Hitler perse due milioni di suffragi, invece di rafforzare il fragile istituto democratico, von Schleicher si avvicinò a coloro che volevano affossare il sistema. Strinse un forte legame con il numero due dei nazisti, Gregor Strasser, per dividere e indebolire il partito. Potente oratore, instancabile attivista, Strasser godeva di un notevole seguito e contendeva a Hitler il ruolo di capo assoluto. Ma nemmeno con il sostegno di Strasser, il generale Schleicher riuscì a ottenere una maggioranza stabile in parlamento. Hitler fu designato Cancelliere e questa nomina segnò il destino della Germania e del mondo.
Il generale fu felice di ritirarsi a vita privata: aveva scoperto l’amor coniugale con Elisabeth von Hennigs. Voleva starsene tranquillo e dimenticare. Ma Hitler non dimenticava. Il 30 giugno 1934, Strasser fu arrestato come traditore e assassinato. Contemporaneamente un gruppetto di giovani suonava alla porta di Kurt ed Elisabeth. Spararono a entrambi e si portarono via tutti i documenti. Era la vendetta compiuta nella Notte dei lunghi coltelli. I becchini della Repubblica, come Schleicher, avevano creduto di poter gestire le forze antisistema ma ne divennero le vittime. La Repubblica di Weimar ha molto da insegnarci proprio oggi, osservano gli autori, in un momento in cui si fanno sentire forti voci dei movimenti antisistema di dissenso nei confronti degli istituti democratici e sono numerose le ambizioni di chi vuole modificare a proprio uso e consumo le regole della democrazia.