il Fatto Quotidiano, 8 luglio 2019
Il lamento di Paolo Cané
Di rinascita del tennis italiano si parla da un po’, complici exploit clamorosi e giovani promettenti. Il torneo di Wimbledon, in corso fino a domenica, ne sta esaltando pregi e difetti, col solito Fabio Fognini sopra le righe e Matteo Berrettini agli ottavi (se la vedrà oggi con Roger Federer), e con nel mezzo l’impresa di Thomas Fabbiano, che ha eliminato il numero 6 al mondo Stefanos Tsitsipas. Merito di chi gioca, certo, ma anche di condizioni favorevoli rispetto al passato. Almeno secondo Paolo Cané, ex tennista ed ex n. 26 al mondo, ora maestro e commentatore tv: “Col sistema delle qualificazioni di oggi è più facile emergere, anche per chi non è più giovane. Gli italiani lo sanno e ne approfittano”.
Paolo Cané, che impressione le ha fatto vedere Fabbiano battere il n. 6 del mondo?
Mi ha fatto piacere, è serio, ben allenato e crede nei propri mezzi. Parliamoci chiaro: spesso questo è sufficiente.
In che senso?
Non voglio sminuire nessuno, ma una volta a 27-28 anni eri finito, oggi c’è posto per tutti. Possono fare le qualificazioni per i grandi tornei, passano qualche turno e i montepremi sono alti, quindi hanno più possibilità di emergere.
Una volta sarebbe stato impossibile?
Trent’anni fa spesso non andavamo neanche a fare gli Slam perché costava troppo. Un biglietto per l’Australia lo pagavi 4 o 5 milioni di lire, poi arrivavi lì e magari uscivi al primo turno con 800 dollari in tasca. Oggi se vinci una o due partite puoi anche portarti a casa 50mila euro, mica ti devi centellinare. E poi fa quasi tutto il fisico.
Poca tecnica?
Sono tutti delle bestie, se stai bene fisicamente te la giochi anche con chi sta più in alto di te in classifica. Vent’anni fa se giocavi con il numero 6 al mondo prendevi 3 a 0.
Lei ora insegna ai ragazzi.
Quando sono piccoli è importante che sia solo divertimento. Dopodiché serve una buona impostazione e bisogna insegnar loro a combattere nella fossa dei leoni, a credere nei propri mezzi. La preparazione fisica e mentale è fondamentale. Sperando che i genitori facciano il loro.
In che modo?
Facendosi da parte, invece appena vedono che il ragazzo ha qualche colpo pensano di avere in casa un campioncino e iniziano a avere pretese che poi il figlio non regge. E magari a 16 o 17 anni smette di giocare. Nel mio circolo io sono il maestro, i genitori stanno fuori e se vogliono assistono a un allenamento al mese.
Dispotismo?
Un modo per non confondere i ruoli, io mica entravo a scuola dei miei figli. Uno che non ha mai preso una racchetta in mano non può pretendere di insegnare come si fa a chi ha giocato a tennis per una vita.
Si rivede in qualcuno dei tennisti di oggi?
Un po’ in Fognini: ho sempre fatto il tifo per lui.
Due giorni fa, mentre era in campo, si è messo a urlare “Magari scoppiasse una bomba qui”.
Un’altra occasione persa, oltretutto può dire quel che vuole ma Sandgren ha giocato meglio. È indifendibile.
Con un’altra testa avrebbe avuto una carriera migliore?
I “se” e i “ma” sono inutili, non credo sarebbe arrivato più in alto. La testa gli ha fatto perdere qualche partita, ma ne ha vinte altrettante di impensabili. Poi capisco che a volte dà fastidio, perché sembra stia in campo per farti un favore.
Quindi neanche per la sua carriera ha rimpianti del genere? Gianni Clerici la chiamava “Neuro-Cané”.
No, il rimpianto non è la testa, semmai la preparazione fisica. Oggi sarebbe diverso: nei primi 100 del mondo quasi la metà sono over 30.
Compresi i primi tre, forse inarrivabili anche in questo Wimbledon?
Federer, Djokovic e Nadal sono di un’altra categoria perché semplicemente sanno giocare a tennis. Gli altri picchiano, mettono 20 ace a partita, ma quando c’è un momento di difficoltà si vede la differenza. Sono tennisti della vecchia generazione che si sono adattati al gioco e alla preparazione di oggi.
Come mai non c’è ricambio generazionale al vertice?
Perché i nuovi sono delle macchine, ma non ha la capacità di giocare dei primi tre, non c’entrano nulla. Anzi, credo che in futuro difficilmente qualcuno arriverà ai numeri di Federer o Nadal, con 15 o 20 slam vinti.
C’è però una ragazza di 15 anni, Cori Cocò Gauff, agli ottavi. Significa che è una predestinata o può essere un fuoco di paglia?
Di certo non se ne vedono tante, ma non significa nulla, può anche darsi che nella sua carriera esprima il suo tennis migliore proprio a 15 anni.
L’unico italiano in corsa è Berrettini. Come lo ha visto?
Sta giocando bene e ha sfruttato un buon tabellone. La sua forza, contro Schwartzman, l’ha dimostrata salvando tre match point. Ora sfida Federer: magari ci può scappare la sorpresa.
Il prossimo italiano a vincere uno Slam: su chi punterebbe?
Facciamo Jannick Sinner, mi piace molto.