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 2019  luglio 07 Domenica calendario

L’erba di Berrettini


Coach Santopadre, uscendo dal campo n. 18, ha la faccia di uno che si è visto tre horror di fila a fianco di un fantasma. Corrado Barazzutti, il nostro capitano di Coppa Davis, si lascia scappare che «Matteo vale i primi 10 del mondo», Sergio Palmieri che «Berrettini lo aspettiamo fra due anni alle Atp Finals di Torino». Mamma Claudia aspetta un bacio – e lo avrà, lunghissimo – papà Luca sotto il cappellino è una statua. «Mi creda, io in realtà ho 70 anni, mica i 57 che dice la carta d’identità». Tutta colpa sua, di Matteo. Che si è appena guadagnato gli ottavi di domani ai Championships, e per giunta contro Roger Federer, magari proprio sul Centre Court; e che ci è riuscito con una partita folle e infinita – sarà un un caso, ma il n. 18 è il campo dove Isner e Mahut nel 2010 hanno giocato il match più lungo della storia – prima persa, poi riaperta, di nuovo smarrita, ripresa per capelli salvando tre matchpoint e alla fine strappata in 4 ore e 19 minuti e cinque set (6-7 7-6 4-6 7-6 6-3) a Diego Schwartzman, El Peque, il magnifico hobbit del circuito, dentro una giornata fradicia di nuvole, piena di emozioni e di futuro. Wimbledon, allo stato puro.
Il ligure a rischio squalifica
Berrettini a 23 anni è virtualmente n. 18 del mondo, e il quinto italiano nell’Era Open che riesce a penetrare nella seconda settimana dello Slam verde dopo Panatta (1979), Sanguinetti (1998), Pozzi (2000) e Seppi (2013). Federer, che ha battuto in tre set l’eterna promessa francese Pouille, a questo punto del torneo è insieme un regalo e una porta aperta, un sogno e una possibilità. Solo altri due italiani hanno affrontato il Genio a Wimbledon, Fognini nel 2012 e Lorenzi nel 2014: 6 set a zero per Roger. Solo Seppi lo ha battuto in uno Slam, in Australia nel 2015. Matteo ha la stoffa per fare molto, per sperare di più. Quest’anno ha già vinto due tornei, uno sull’erba, il coraggio con cui ha annullato i tre matchpoint (uno sul 5-4 e 2 sul 6-5 del quarto set), vinto due tiebreak, il primo 14-12, e cancellato con tre prime ai 200 all’ora l’ultima minaccia di due palle break sul 5-2 del quinto set, è quella del giocatore vero. La faccia felice di un’Italia che ieri cercava un doppio miracolo ma che per metà si è persa, qualche ora prima e pochi metri più in là, sul campo n. 14, dove Fabio Fognini non ha solo consegnato al n. 94 del mondo Tennys Sandgren un match che avrebbe potuto/dovuto vincere, ma pure confezionato l’ennesimo scandalo di una carriera spericolata. «Maledetti inglesi – è sbottato – scoppiasse una bomba su questo circolo». Era infuriato per il palcoscenico minore, il Fogna, appena 318 posti a sedere e tanta confusione. Ma a 32 anni dovrebbe sapere che esistono i microfoni, i cellulari, il Grande Fratello dei social. E soprattutto che parlare di bombe in una città che porta le cicatrici del terrorismo no, non è proprio cosa. Ora rischia una multa salatissima, o addirittura una squalifica negli Slam visto che dopo la cacciata dagli Us Open 2017 per le offese alla giudice di sedia Laura Engzel era in osservazione, con la condizionale, per due anni. La goccia d’amaro, in una giornata dolcissima.