La gara tra le migliori d’Italia
Tra i tanti ranking internazionali a cui siamo abituati, stavolta la gara si gioca in casa. In questa edizione Bologna, Perugia e Camerino si confermano al primo posto, nelle rispettive graduatorie costruite per numero di studenti iscritti. Trento scalza Siena tra i medi atenei statali dove, per il terzo posto, il derby è tutto in Friuli Venezia Giulia, tra Trieste e Udine. Soffrono le università del Sud, sebbene la Calabria mantenga la seconda posizione tra i grandi atenei e Foggia rimanga salda dietro a Camerino tra i piccoli.
Il voto all’occupabilità
Si tratta di un’analisi articolata che giudica le università in base ai servizi offerti (mense e alloggi), le borse di studio — capitolo dolente, visto un sistema del diritto allo studio che non garantisce a tutti gli idonei il sussidio — le strutture, la comunicazione e i servizi digitali offerti, il grado di internazionalizzazione e, appunto, l’occupabilità, ovvero chi lavora tra i laureati magistrali 2017 dopo un anno. Perché «la scelta dell’ateneo in cui andare a studiare implica una valutazione anche del contesto in cui l’università opera e delle opportunità che può offrire». Contesto che non aiuta ovviamente le università nei territori ad alto tasso di disoccupazione e motivo per cui, ricorda il Censis, nell’ultimo anno più del 23% di studenti del Sud è andato a studiare fuori regione. Il dossier completo, anche con la classifica dei corsi di laurea, è sul sito del Censis. Piccola novità: un’icona arcobaleno segnalerà gli atenei, ad oggi 42, che hanno attivato carriere alias per gli studenti che cambiano genere. Per misurare «l’impegno all’inclusione». I rettori: chi sale e chi scende
Tra i mega atenei, l’Alma Mater festeggia i suoi dieci anni al primo posto, seguita da Padova che ha scippato la seconda posizione a Firenze. In una scala da 60 a 120, oltre 90 è il punteggio guadagnato da queste università rispetto alla spendibilità della laurea nel mercato del lavoro. «In un mondo semplificato, i ranking sono uno strumento utile a un primo orientamento, anche se non colgono l’esperienza formativa di una laurea a tutto tondo,» avverte il rettore di Bologna Francesco Ubertini, attribuendo il successo ai suoi docenti e ricercatori. «L’occupabilità? Risente del territorio — riconosce — quello che piuttosto vedo nel futuro delle università italiane è la dimensione internazionale: un percorso che deve continuare. E quello che ora occorre è innovare la didattica: dobbiamo concentrarci su nuovi metodi di insegnamento che sappiano coinvolgere gli studenti ». Ultima tra i mega atenei è la Federico II di Napoli. Ma il rettore Gaetano Manfredi osserva: «Nelle classifiche con indicatori di contesto, le università del Sud sono penalizzate ». Esulta Franco Moriconi, rettore di Perugia, da sei anni al primo posto: «Abbiamo scommesso sul potenziamento di strutture e servizi e sull’apertura di nuove frontiere ». In questa classifica, Modena- Reggio Emilia scalza dal quinto posto Cagliari che scivola al nono per colpa di 13 punti persi sulle borse di studio, mentre Salerno guadagna otto posizioni, in fondo la Campania e Chieti-Pescara. «Buona ricerca, qualità nella didattica nei contenuti e come esperienza formativa » la ricetta di Paolo Collini, rettore di Trento, da sempre ateneo di frontiera aperto al centro Europa. Nella gara tra i medi scende Sassari perdendo 12 punti sull’internazionalizzazione. Invariato il podio tra i piccoli, dove si registra l’ascesa al quarto e quinto posto di Basilicata e Insubria.
Politecnici e privati
Milano, che ha debuttato tra le prime 150 università migliori al mondo nel QS Rankings 2020, guida i politecnici, seguita da Torino che fa retrocedere lo Iuav di Venezia al terzo posto. Tra le non statali la Bocconi si conferma sempre prima, davanti a Milano Cattolica, grazie a contatti internazionali e borse di studio.