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 2019  luglio 07 Domenica calendario

Il ministro libico: «Stop ai campi per i migranti»

MISURATA – «Ho discusso il piano di chiusura dei campi di detenzione dei migranti con le Nazioni Unite, è qualcosa su cui andremo avanti, perché ormai è solo un danno politico per la Libia. Nei nostri centri ci saranno 7.000 migranti illegali, fuori ce ne sono centinaia di migliaia. E allora a che cosa servono questi centri se non a scatenare polemiche contro di noi? Responsabilizziamo di più la comunità internazionale, affrontiamo insieme questo tema, smontiamo queste polemiche e guardiamo in faccia la realtà: qui c’è una guerra che colpisce 7 milioni di libici, voi ci chiedete solo dei migranti e non fate nulla per fermare la guerra». Alle 11 del mattino Fathi Bishaga compare puntuale nella hall dell’albergo di Misurata, la sua città. Il ministro dell’Interno del governo Serraj da 3 mesi è il capo delle operazioni militari della guerra contro Khalifa Haftar. È un ex pilota da caccia, e dopo la rivoluzione è diventato un politico attivissimo, vicino al suo elettorato, ai capi delle milizie, ai capi tribali. Non essendoci un ministro della Difesa nel governo (Serraj ha l’interim) di fatto coordina buona parte delle operazioni.
Ministro, quindi la sua non è una provocazione, una dichiarazione ad effetto?
«No, è un piano motivato da ragioni politiche. E le aggiungo: io sono esterrefatto, ogni volta che vengono inviati europei, ci chiedono solo dei migranti. Non si interessano della Libia, delle condizioni del popolo, del fatto che Haftar sta polverizzando quel che rimane delle strutture di questo paese. Nulla. Silenzio. Complicità politica con un capo-milizia che il presidente Macron ha sollevato al livello di leader politico forzando Serraj a incontrarlo».
Ma chiudendo i campi molti più migranti vorranno partire?
«Migliaia sono già pronti. Il tema dei migranti è solo uno dei problemi della Libia: contrabbando, corruzione, terrorismo. La sola soluzione è stabilizzare il Paese. La soluzione dei migranti sta dentro questo».
L’altro giorno ha fatto sensazione l’attacco a Tajoura. Lei crede davvero sia stato un F16 degli Emirati?
«Dal rumore dell’aereo, dal tipo di bombe, noi crediamo sia un jet. E gli F16 li hanno gli emirati e gli egiziani. E se non è un F16 è un drone. Emirati ed Egitto stanno continuando a sostenere Haftar in questa guerra che lui ha scatenato attaccandoci mentre stavamo trattando con l’Onu. I paesi del Golfo stanno trasferendo i loro scontri sul nostro terreno, alle porte dell’Europa. Sfidano i paesi europei: e voi oltre a essere divisi e incerti forse neppure capite cosa sta succedendo sotto casa vostra».
Un grosso aiuto politico a Haftar lo sta dando il presidente americano Trump, su suggerimento dell’egiziano Sisi.
«Trump ha una visione economica degli interessi del suo paese. Guardi allo Yemen, alla Siria. Lascia spazio ai paesi del Golfo che sono capaci di dirottare grossi investimenti negli Usa. Noi rispettiamo Trump, guardiamo agli Stati Uniti come al paese che difende la legge, i diritti umani. C’è un governo riconosciuto dall’Onu, che non viene difeso, per oraprevalgono gli interessi economici e una visione sbagliata».
Quale visione?
«Quella che Haftar sia la soluzione. Sia l’uomo forte. Haftar, con il sostegno sbagliato degli egiziani, non separerà la Libia in due: rischia di smembrarla definitivamente. Perché lui a Tripoli non vincerà mai. Il comportamento di Trump ci preoccupa, perché favorisce una Libia divisa in cui il terrorismo non sarà controllabile».
A proposito di terrorismo: ci sono informazioni sul fatto che jihadisti presenti in Siria, a Idlib, stiano passando in Libia, per esempio richiamati dall’ex al Qaeda Abdelhakim Belhaji.
«Quando Putin ha lanciato questo allarme aveva ragione al 100%. Stanno arrivando, li usa Haftar come ha fatto con l’Isis quando li ha lasciati passare verso Sirte. Noi abbiamo liberato Sirte dall’Isis. Il terrorismo è un cancro, ci colpisce, noi lo combattiamo. Ma imploro i leader europei: non restate seduti sulla riva del fiume ad aspettare il cadavere di uno dei due contendenti in Libia. Se la Libia si frantuma vedrete che il terrorismo farà cadaveri in Europa».