Repubblica ha verificato passaggi e protagonisti della scommessa. A quanto pare, quel ciclomotore era stato ceduto da uno dei titolari del Bar Napoli, al lavoratore Catello, per circa 700 euro. Un «mezzo quasi da rottamare», avrebbe detto l’uomo. E il calciatore, senza scherzare, gli avrebbe proposto: ne guadagni 2000 se ti butti in acqua. Detto, fatto. Mentre la storia diventava virale, Balotelli ha scritto sul proprio Instagram: «Vespa ripescata», aggiungendo faccine divertite al suo «buongiorno». E poco dopo, prendendosi gioco di chi si preoccupava dell’impatto ambientale: «Filosofi... ecco a voi la Vespa ‘inquinante’ ripescata». Ma nessuno, al Bar Napoli, ha spiegato come sia stato tirato su il ciclomotore né in quale officina sia stato depositato.
Tutto bene, dunque, per Balotelli. Era solo un diversivo senza conseguenze. Stessa “categoria” di altre bravate: come quando — era il 25 giugno 2010 — sparò in aria con una scacciacani nel centro di Milano, con alcuni amici, da un’auto, spaventando alcuni cittadini, che avvertirono la polizia. Di fronte alla pattuglia, il bomber chiese scusa e mostrò l’arma giocattolo con il tappo rosso.
Poco prima, a Napoli, ne aveva messo a segno una anche peggiore, di cui dovette dar conto ai magistrati antimafia della Procura distrettuale. Era l’8 giugno, sempre nove anni fa, quando si fece accompagnare alle Vele di Scampia: solo per vedere "come funzionava da vicino" lo spaccio di droga. Insieme con due elementi di spicco delle cosche, Salvatore Silvestri, clan Lo Russo, e Biagio Esposito, clan degli Scissionisti, confermò ai pm — che erano stati avvertiti da un pentito — che era giunto in una zona di spaccio, era stato scortato fin dentro e aveva «guardato a distanza di 10 metri un tavolo con delle bustine di droga sopra». Ma aggiunse che non sapeva «che quei personaggi non erano buoni». Non poteva certo immaginare, mr Balotelli, star dei giochi sotto il sole, che del narcotraffico si occupasse la criminalità organizzata.