Avvenire, 7 luglio 2019
Bimbi in provetta, 14mila nati
Per far nascere bambini, se non si investe sulla prevenzione e non si supportano le donne che vogliono avere figli nell’età fertile, la tecnologia da sola non fa di certo miracoli. Anche quest’anno, la relazione del Ministero della Salute al Parlamento sullo stato di attuazione della legge contenente norme in materia di procreazione medicalmente assistita (la n.40 del 2004) non lascia spazio a dubbi: pur essendo state trattate nel 2017 844 coppie in più rispetto al 2016 (passando da 77.522 a 78.366) ed essendo stati effettuati 232 cicli in più (da 97.656 a 97.888), i bambini nati vivi in più nel 2017 con la Pma sono stati solo 391 (in totale erano 13.582 nel 2016 e 13.973 nel 2017).
Non è un caso che l’età delle donne che sperano di ottenere una gravidanza con le tecniche di procreazione medicalmente assistita continua ad essere troppo alta. «Resta costante – scrive il ministro Giulia Grillo – l’età media delle donne che si sottopongono a tecniche senza donazione di gameti a fresco: 36,7 anni; i dati più recenti pubblicati dal registro europeo danno per il 2014 un’età media di 34,7 anni. Ovviamente nella fecondazione con donazione di gameti l’età della donna è maggiore se la donazione è di ovociti (42,4 anni) e minore se la donazione è di seme (35,6). La maggiore età di chi accede ai cicli di donazione - continua il ministro - sembra indicare come questa tecnica sia scelta soprattutto per infertilità fisiologica, dovuta appunto all’età della donna e non per patologie specifiche». Se il trend dei cicli e delle gravidanze non mostra grandi variazioni, si registra invece un «significativo aumento dell’applicazione delle tecniche con donazione di gameti» sia per l’inseminazione semplice che per le tecniche di fecondazione di II e III livello. In totale aumentano le coppie (da 5.450 a 6.429, +18,0%), i cicli (da 6.247 a 7.514, +20,3%) e i nati (da 1.457 a 1.737, +19,2%). «Dei 7.514 cicli con donazione di gameti, 1.582 cicli iniziati sono con donazione di seme compresi quelli eseguiti con l’inseminazione semplice, pari al 21,1%; 3.149 sono quelli con donazione di ovociti (freschi e congelati), pari al 41,9%; 2.783 sono quelli con embrioni, precedentemente formati da gameti donati e crioconservati, pari al 37,0%». I cicli con donazione di gameti che hanno utilizzato seme donato importato per un fattore di infertilità maschile «sono stati 1.304, pari al 82,4% di tutti i cicli effettuati con donazione di seme», mentre i cicli eseguiti con donazione di ovociti per un fattore di infertilità femminile «sono stati 3.035, pari al 96,4% del totale dei cicli con donazione di ovociti ». A ipotizzare il percorso che ha portato alla nascita di bambini attraverso ovociti e seme che non appartengono ai genitori è lo stesso Ministero della Salute. «I 2.702 cicli con embrioni congelati, provenienti da banca estera, sono presumibilmente in gran parte il risultato di fecondazioni avvenute all’estero con la seguente procedura: seme esportato dall’Italia, donazione di ovociti e loro fecondazione nel centro estero utilizzando il seme italiano esportato, successiva importazione in Italia di embrioni formati (e crioconservati) all’estero». Si tratta si ipotesi, proprio perché, si legge nella relazione, «la modalità aggregata di raccolta dati del Registro nazionale Pma non consente, al momento, un conteggio ciclo per ciclo e, quindi, non permette di distinguere embrioni importati ma eventualmente formati con seme diverso da quello esportato». Dalla relazione emerge poi che «in generale, il 66,9 % dei cicli di trattamenti di II e III livello sia da fresco che da scongelamento senza donazione di gameti si effettua all’interno del Ssn (in centri pubblici e privati convenzionati)».