Robinson, 6 luglio 2019
I segreti di Marlene Kuntz
"Buonasera, noi siamo Marlene", così parlava Cristiano Godano. Eravamo attorno al 1996, il grande anno dell’indie rock italiano, e i Marlene Kuntz erano la cosa migliore da sentire insieme agli Afterhours di Manuel Agnelli. I Marlene però avevano un immaginario più decadente e snob (e quindi più cool secondo l’interpretazione "indie" del periodo): la presentazione della band avveniva solo dopo due o tre canzoni durante le quali nessuno proferiva parola. Poi, quando le lame affilate delle chitarre finivano di lacerare l’aria in un lungo finale rumoristico che sconfinava nella psichedelia, ecco che, solo allora, il cantante, magrissimo ed emaciato, quasi cristologico, recitava questo breve mantra per poi imbarcarsi immediatamente in un nuovo oceano di rumore e melodia. Come se chi era presente non lo sapesse che quelli erano i Marlene: per cosa erano lì se non per quella potenza? E quella forza i Marlene la ottevano in un solo modo: con il duro lavoro, fatto di prove infinite, reiterate fino al raggiungimento della perfezione.
Cristiano Godano leader e chitarrista della band, lo racconta in un corposo libro (350 pagine!), Nuotando nell’aria, questo il titolo, che analizza canzone per canzone i primi tre album dei Marlene: Catartica, Il vile e Ho ucciso paranoia. Perché sono già 30 anni di Marlene e oltre al libro c’è un "best of" triplo, MK30, un doppio vinile di "Cover & rarities" (che contiene anche una versione inedita di Karma Police dei Radiohead) e un lungo tour che parte l’undici luglio da Parma e arriva in posti stupendi come il Teatro di Ostia Antica a Roma (il 12).
Molto musicisti odiano spiegare il significato delle loro canzoni, invece tu ci hai fatto un libro e anche molto dettagliato: perché?
"Scrivere mi piace (ride): l’ho sempre fatto. Ancora prima del mio libro di racconti I vivi, che risale ormai a cinque anni fa, avevo in mente di scrivere un’estensione in prosa di alcuni dei miei testi, farli diventare dei racconti. Questa idea però alla fine non si è mai realizzata mentre quando un paio di anni fa celebrammo l’anniversario dell’album Il vile, cominciai a scrivere sul nostro sito e sui social delle cose attorno a quei testi. Questo tipo di lavoro mi aveva intrigato e quando un giorno fui invitato alla rassegna di Elisabetta Sgarbi, la Milanesiana, chiacchierando è venuta fuori l’idea di farne un libro vero e proprio. Che potrebbe anche avere un seguito...".
Su quasi tutti gli artisti c’è una maledizione a cui si accenna anche nel libro: "i veri Marlene Kuntz erano quelli dei primi tre dischi". Una nostalgia dei fan più accesi che riguarda anche i gruppi emergenti nella variante: "era meglio il primo demo".
"Beh, direi che a distanza di dieci dischi anche basta con questa solfa: tutti gli artisti hanno la loro evoluzione. E comunque anche chi la pensa così qui troverà molte cose che non sa semplicemente perché non le può sapere".
In realtà non ti limiti solamente a spiegare le canzoni.
"Infatti per me si tratta di creare una dimensione narrativa suggestiva che permetta di entrare in quello che io chiamo con un termine musicale "il backstage del processo creativo": condurre il lettore per mano nella dimensione che ha portato a scrivere un certo testo".
Per esempio?
"Per esempio in uno dei pezzi più noti dei Marlene, Nuotando nell’aria, rivelo che c’era questa immagine del volto di Cristo in un calco di gesso che stava come sospeso sulla campitura azzura della carta da parati della mia camera: una sorta di cielo in cui questa immagine stava sospesa come se nuotasse nell’aria".
Una visione mistica.
"Più che altro una cosa rimasta nascosta nell’inconscio di cui a un certo punto mi sono reso conto in maniera proustiana".
La decadenza è sempre stata una vostra cifra.
"Qualcuno ci accusava di ciò per pezzi come L’esangue Deborah, ma che quel personaggio si presentasse all’immaginazione del mio ascoltatore/lettore con un pallore debilitante e un po’ malaticcio a me pareva corretto".
Molti artisti, penso a De Gregori e a Bob Dylan, a un certo punto non ne possono più delle loro canzoni e arrivano a stravogerle. Anche voi avete un rapporto conflittuale?
"No. Forse l’unica volta in cui abbiamo stravolto un brano è stato con Sonica, uno dei più famosi: in un tour acustico ne facemmo una versione psichedelica, veramente molto, molto stralunata. Io non odio le nostre canzoni, certo non ha senso essere considerati "la band che ha fatto Sonica", ma non mi affascina per niente l’idea di distruggere i nostri brani".
Da poco avete realizzato due cover: una versione di "Bella Ciao" con Skin ambientata a Riace e, appena uscita, "Karma Police" dei Radiohead. "Bella Ciao" che abbiamo lanciato sul sito di Repubblica il 25 aprile ha fatto 150mila visualizzazioni. Ne avete parlato con Skin?
"Sì eravamo tutti molto contenti. Certo, vedendo poi che a Riace hanno votato tutti Lega la preoccupazione non solo permane ma si fa più acuta. Noi non siamo mai stati un gruppo "combat rock" ma crediamo che ci siano dei momenti in cui è importante dire delle cose infatti la nostra versione di Bella Ciao non è arrembante ma più dolente e minimale. Per quanto riguarda Karma Police credo che siamo riusciti a fare una versione originale mantenendo la sacralità del pezzo originale. Ne sono molto orgoglioso".
Sono trent’anni di Marlene.
"Li festeggeremo con dei concerti spero molto belli".
Farete Bella Ciao?
"Bella Ciao oggi non può mancare!".