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 2019  luglio 06 Sabato calendario

Il festival della ragione in Svezia

Nell’epoca della delegittimazione reciproca e della battaglia elettorale permanente, dove gli avversari politici sono nemici da abbattere e ogni miraggio di dialogo tra adulti si infrange nelle risse da talk show e nei meme sui social, resiste un’oasi di speranza e un modello di convivenza civile che sarebbe il caso di importare anche da noi, invece che prendere esempio soltanto dallo stile paranoico trumpiano e putiniano.
Questo rifugio della ragione di trova nel parco di Almedalen, nella cittadina medievale di Visby a Gotland, la più grande delle isole svedesi, dove ogni prima settimana di luglio si trasferiscono in massa leader di partito, di tutti i partiti, e poi ministri, deputati, oppositori, giornalisti, commentatori, militanti, sindacalisti, lobbisti e privati cittadini per la Almedalen Week. Questo festival della politica è nato per caso nel 1968 su iniziativa di Olof Palme, l’allora ministro socialdemocratico che dopo un paio di giorni di vacanza nell’isola sentì la mancanza del confronto con gli elettori e improvvisò una serie di comizi salendo sopra un camion. Negli ultimi anni la Almedalen Week è diventata il principale appuntamento politico svedese, perché vede alternarsi sugli stessi palchi i leader sia di governo sia di opposizione, in una specie di carnevale democratico che consente ai cittadini (e ai lobbisti) di chiacchierare o di mangiare assieme a ministri, eletti, opinionisti e personalità. 
Almedalen è una via di mezzo tra una Davos popolare e un festival dell’unità con la u minuscola, nel senso che unisce professionisti e militanti della politica e della comunicazione al di là di ogni differenza ideologica, come raccontano le immagini di un formidabile documentario, A good week for democracy, scritto e diretto da Cecilia Björk. 
Visto nel film, Almedalen è un luna park della politica, un luogo favoloso per chi ha a cuore il futuro della propria comunità, con oltre quattromila tra seminari, incontri e workshop, con le associazioni culturali che promuovono le loro cause, con le marce a favore di questo o di quel tema, compreso un Gay Pride che sfila sotto un palco di neonazisti che bercia contro le lobby omosessuali e un musulmano moderato che discute con un leader wahabita sotto gli occhi di ministri e di star della tv che passeggiano tra gli stand e i gazebo e i barbecue dei partiti, tra le redazioni distaccate dei giornali e le tende lussuose dei gruppi di interesse con l’idea che nel parco può succedere qualsiasi cosa perché, mutuando lo slogan turistico di Las Vegas, quello che succede a Almedalen resta ad Almedalen.
Questa "buona settimana per la democrazia" è un’eccezione di civiltà e una riserva offline del discorso pubblico che certamente ha radici nella tradizione politica svedese, dove in campagna elettorale le piazze centrali delle città si riempiono di gazebo di legno di tutti i partiti, nazionalisti e comunisti, moderati e socialdemocratici, in pochi metri quadrati impegnati gli uni accanto agli altri a distribuire volantini, a fare comizi, a convincere gli indecisi. Non tutto è esportabile, non tutto è replicabile, ma che invidia.